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Rai, il piano per far fuori Alessandro Orsini: soldi, ecco come lo vogliono punire

Daniele Dell'Orco
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Ci voleva la guerra in Ucraina e il caso scoppiato con il contratto firmato da Alessandro Orsini con CartaBianca, il programma condotto da Bianca Berlinguer su RaiTre (poi stracciato per le sue posizioni "filorusse"), per spingere la Rai a rivedere i criteri di assegnazione del gettone di presenza per gli ospiti dei talk-show trasmessi sulle reti pubbliche. Mercoledì, durante la sua audizione in commissione di Vigilanza Rai, l'amministratore delegato Carlo Fuortes ha detto: «Stiamo ragionando in azienda su eventuali policy, personalmente penso che l'ospite che partecipa non debba ricevere un emolumento, ma ciò andrà discusso con il direttore e con il consiglio». Certo, è piuttosto singolare che il dibattito sia stato innescato dalla comparsa degli opinionisti "putiniani", come se prima della guerra fossero sempre stati retribuiti tutti profili autorevoli e meritevoli (specie durante due anni di pandemia in cui se ne sono sentite di tutti i colori), ma insomma, l'applicazione di una certa parsimonia all'uso di denaro pubblico non è mai una cattiva notizia. Allo stesso modo, comunque, si potrebbe dire "meglio tardi che mai" anche sulla riconsiderazione da parte dei vertici Rai del talk-show in generale come prodotto televisivo fatto di informazione e intrattenimento: «Negli ultimi anni c'è stato un abuso dell'utilizzo del format del talk-show nella televisione pubblica», ha proseguito Fuortes, «ma non credo che il talk-show sia la forma ideale per l'approfondimento giornalistico. Penso sia più adatto ai temi leggeri, all'intrattenimento». Mamma Rai sembra essersi accorta che l'equilibrio fondativo del cosiddetto infotainment sia ormai totalmente stravolto e che penda troppo a favore dello spettacolo fino a scadere nel trash, e che quindi possa essere necessario ripartire da due filoni separati, indipendenti, magari paralleli: l'approfondimento giornalistico e culturale da una parte, lo show dall'altra.

 

 


STOP AI TUTTOLOGI
Anche perché, come ammesso dal dirigente del servizio pubblico, molti di questi spazi ormai di informazione ne fanno ben poca: «L'idea di chiamare giornalisti o scienziati e di improvvisare su qualsiasi tema non credo possa servire per fare un buon servizio pubblico. È l'opposto di quanto fatto dalla Rai per lunghissimo tempo, facendo tra l'altro un ottimo servizio pubblico, penso a Zavoli o a Biagi. L'approfondimento è l'opposto dell'intrattenimento con persone che parlano un po' di tutto». Basta tuttologi, insomma. E basta dittatura dello share, che non può essere «l'unico criterio di valutazione di un programma», soprattutto quando viene pilotato con la scelta di profili contrapposti per addobbare a pennello i ring per le risse che tanto piacciono al pubblico social. Sarebbe davvero un indirizzo di buon senso, anche se chissà quanto, alla prova dei fatti, compatibile con le necessità commerciali.

 


AUTONOMIA EDITORIALE
In commissione ha tenuto poi banco un altro tema di grande attualità: quello delle influenze straniere (russe) sul servizio pubblico. Il presidente della Vigilanza Alberto Barachini ha in questo senso richiamato l'iniziativa del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) che sta cercando di svolgere «un approfondimento sulla ingerenza straniera e sulla attività di disinformazione, anche al fine di preservare la libertà e l'autonomia editoriale e informativa da qualsiasi forma di condizionamento, con particolare riferimento al conflitto tra Russia e Ucraina». Barachini fa eco a Fuortes parlando della necessità di introdurre nuove policy non solo sui format dei programmi e sulla retribuzione degli ospiti, ma anche sulla profilazione degli ospiti stessi. Il riferimento, nello specifico, è alle figure accusate di diffondere la propaganda del Cremlino. L'audizione, infine, si è soffermata sul caso di Gennaro Sangiuliano, il direttore del Tg2 intervenuto nel fine settimana alla convention di Fratelli d'Italia a Milano. Fuortes ha annunciato l'apertura di un procedimento nei confronti di Sangiuliano che avrebbe «fatto richiesta per la moderazione di un dibattito» salvo poi tenere un proprio intervento: «Chiederanno spiegazioni a Sangiuliano e poi vedremo come procedere, perché c'è una differenza tra la richiesta e la prestazione eseguita». Infine, una battuta sul canone Rai. Siccome «l'azienda è soggetto passivo» deve uniformarsi a quanto verrà deciso da governo e parlamento in merito alle modalità di riscossione: «È indispensabile però che gli introiti da canone non diminuiscano, siamo in una situazione finanziaria molto delicata».

 

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