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Giuseppe Brindisi, cannonata a Massimo Giletti: "Lo abbiamo fatto scappare, ora andiamo a cercarlo"

Francesca D'Angelo
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E così vi siete spostati alla domenica. Sarà contento Massimo Giletti...
«La ratio dell'operazione è proprio questa: dopo aver fatto scappare Giletti dal mercoledì sera, andiamo a cercarlo noi alla domenica. Gli romperemo un po' le scatole, o almeno ci proviamo» (ride, ndr)

È una battuta, ovviamente. Ma fino a un certo punto. Con Zona Bianca Giuseppe Brindisi è infatti riuscito a ritagliarsi uno zoccolo duro di fedelissimi che ha portato il talk di Rete4 oltre la soglia del 5,5%. Un gruzzoletto che avrebbe potuto far sedere sugli allori il famoso volto del Tg4 che, invece, accetta di traslocare alla domenica sera, inserendosi come terzo incomodo nel testa a testa tra Fabio Fazio e Massimo Giletti.

Mi perdoni, ma non è un tantino da kamikaze?
«Only the brave!» (Solo i prodi coraggiosi!, ndr)

Guardi che dico sul serio.
«Capisco il suo ragionamento: ci spostiamo proprio nel momento di massimo successo di Zona bianca. L'editore però crede nel talk e nella possibilità di poter fare perfino meglio: una visione che sposo pienamente. Ci siamo costruiti una credibilità, la gente ci segue: non ci siamo mai fermati, nemmeno a Natale e in estate. Certo, la domenica non è facile ma io ho sempre amato le sfide: in fondo, quando eravamo partiti, non eravamo nessuno».

All'inizio lei era il "conduttore tachipirina" (copyright Il Foglio), dallo stile molto british. Ultimamente però perde un po' le staffe, o sbaglio?
«Eh, sì, faccio più fatica a porgere l'altra guancia. Per via della pandemia, abbiamo tutti i nervi molto tesi. Sono convinto che sia giusto invitare i rappresentanti dei no vax, perché anche se sono una sparuta minoranza si fanno molto sentire sui social, ma quando sento certe cose... intervengo. Mi accusano di essere di parte ma... lo sono! La linea editoriale di Zona bianca è orgogliosamente pro vax e pro green pass».

Nel giornalismo la neutralità è un dovere o una pia utopia?
«La neutralità non esiste. Dalla Bibbia in poi non mi viene in mente nessuno editore che non nasca per dire la sua. Ovviamente esistono poi vari tipi di giornalismo. Io rifiuto quello a tesi: a Zona Bianca ospito tesi e antitesi, per poi tentare una sintesi finale».

Celentano è di tutt' altro avviso. Com' è finita con lui?
«In un post su Instagram Celentano mi ha definito interruttore, perché a suo dire interrompo le persone se non la pensano come me. È una critica che terrò presente anche se non mi ci riconosco. Ho invitato pubblicamente Celentano da noi, come ospite, ma non ha mai risposto».

È vero che, per questo suo schierarsi, viene minacciato di morte?
«Purtroppo sì. Tutti i giorni. Lo scorso ottobre mi hanno pure clonato il green pass. Il grosso problema è che è diventato sempre più difficile dialogare con i no vax: le loro posizioni sono ideologiche, quasi religiose. Prenda per esempio il caso della ivermectina: si è dimostrato che questo antiparassitario funzionerebbe contro il Covid solo se ingerito in quantità veterinarie. Ergo, si guarirebbe dal covid per morire avvelenati. Eppure c'è ancora gente che lo indica come una soluzione».

Crede che nascerà davvero il partito dei no vax, come si dice in giro?
«Girano effettivamente queste voci ma secondo me, alla fine, non se ne farà niente. I no vax sono una minoranza risicata e, onestamente, credo sia gente che non vada nemmeno a votare...».

La prossima pandemia sarà economica?
«Temo proprio di sì. Il Covid è stata una guerra e ora dobbiamo contare i morti e i feriti. Probabilmente si sarebbe potuto fare qualcosa di più per sostenere l'economia e le imprese, ma non molto di più. Ho l'impressione che il Covid abbia semplicemente accelerato un cambiamento che era già in essere: il delivery, gli acquisti su Amazon, la digitalizzazione...».

Da romano che lavora a Milano (e quindi vede le differenze...), come giudica la nuova gestione del sindaco Gualtieri?
«Beh, dopo la Raggi... (ride, ndr) La verità è che a Roma servirebbe un ministero, non un sindaco: nessuna persona può risolvere la quantità di problemi che si sono accumulati non dico nei decenni, ma nei secoli. Però continuo a pensare che Roma sia la città più bella del mondo». 

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