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L'Eredità, la confessione di Massimo Cannoletta: "Ho perso il lavoro sulle navi da crociera. Dunque...", ora si capisce tutto

Alessandra Menzani
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Massimo Cannoletta è spiritoso, umile, coltissimo, è ricercato come una rockstar e tutti lo vogliono da quando ha vinto all'Eredità su Raiuno e poi - prima volta nella storia - ha fatto apposta a sbagliare per lasciare il posto all'avversario. Una mossa che lo ha consacrato.

Com'è diventare improvvisamente famosi, a 46 anni?
«Inaspettato. Molto spesso si diventa popolari di botto per ragioni negative o tragiche. In questo caso è stata una cosa positiva, ma sono stranito. Sto facendo tante partecipazioni tv, è un onore conoscere professionisti come Alberto Matano, Serena Bortone, Francesca Fialdini».

Ci sono anche aspetti spiacevoli?
«Spesso le mie parole, sui siti, vengono decontestualizzate, con titoli assurdi. Se proprio devo trovare qualcosa, questa».

Perché ha deciso di fare l'Eredità?
«Era un desiderio che avevo da 15 anni, avevo tentato quando conduceva Amadeus, ma sono stato eliminato dopo pochi minuti. Volevo giocare alla ghigliottina: era il mio capriccio. Ho poi lavorato tanto, avevo un impiego nelle navi da crociera: con la pandemia mi sono trovato senza lavoro e ho capito che sarebbe durato tanto, così mi sono reinventato come divulgatore sui miei social e in podcast. Mi sono iscritto di nuovo al provino per il quiz, nonostante sia la persona meno competitiva del mondo. A scuola andavo bene ma passavo i compiti a tutti. Lo so, non andrebbe fatto».

Ha conquistato 280mila euro, è rimasto imbattuto per 51 puntate. Poi ha fatto vincere l'avversario. Si è pentito?
«No. Preciso: la ragione dell'abbandono non era la mia stanchezza per essere stato chiuso in hotel due mesi. Sentivo, più che altro, che quello era un ciclo che si era chiuso, non mi sembrava giusto restare e occupare un posto tenuto quasi due mesi, di ostinarmi, stufando il pubblico. Non volevo diventare una zavorra. Ero anche stanco nonostante il divertimento: era come Disneyland».

Dovrebbe tenere una lezione ai politici su come mollare le poltrone.
«È vero, mi sembrava infantile restare».

Una decisione sua?
«Totalmente».

Il conduttore Flavio Insinna lo sente?
«Ci siamo visti in tv, gli voglio bene, ormai è come un parente. Simpaticissimo, lo stimo come essere umano: si fa facilmente amare».

Cosa farà con la vincita?
«Vorrei realizzare nuovamente un progetto, iniziato in piccolo, ossia un viaggio lungo sulle coste, per raccontare l'Italia meno nota e più insolita. Ora, con un budget maggiore e tanto seguito in più di followers con cui interagire ne uscirebbe una bella esperienza. Ovvio, in mezzo c'è l'impossibilità di viaggiare serenamente».

Vorrebbe fare il divulgatore in televisione? Le sono arrivate proposte?
«Sto partecipando come ospite in vari programmi, nell'aria c'è qualcosa, ma per scaramanzia meglio glissare».

Insomma: Alberto Angela può dormire sonni tranquilli?
«Se Angela ha bisogno di un maggiordomo sono pronto. Lui, il padre Piero, il professor Barbero, possono dormire tranquilli ma come stagista o addetto al caffè mi candido!».

Sui social pubblica immagini bellissime di arte, bellezza, cultura. Si ispira più a Sgarbi o Daverio?
«Non ho un'ispirazione precisa, seguo tutti, anche Daverio che non è più tra noi ma ha lasciato una grande mole di materiale».

Suo padre tecnico dell'ex Sip, sua madre casalinga, che non c'è più. È laureato in Scienze Politiche, la chiamano «Google vivente». Da dove arriva l'amore per il sapere?
«Da piccolo, da quando i miei mi hanno regalato la prima Encicolopedia: sono sempre stato molto curioso. Ho scelto Scienze Politiche perché era una facoltà che consentiva varie materie: diritto, economia, politica internazionale. Questa ricchezza di orizzonti è stata la ragione. L'amore per la storia dell'arte c'è sempre stato benché senza formazione accademia: nemmeno Davero l'aveva, era laureato in economia».

Cosa le piace della storia?
«Leggo la storia cercando le ragioni degli sconfitti, non studiando solo i vincitori che l'hanno scritta. Non solo dal punto di vista militare-politico, ma anche per alcune categorie: donne, popoli colonizzati».

In particolare chi?
«Nessuno. La storia è sempre stata scritta da maschi bianchi. E se avesse parlato una donna del Medioevo, o un pellerossa?».

Politicamente come si definisce?
«Non voglio dichiararmi: più che le persone, contano i temi. Sono sensibile ai diritti civili, giudico un politico da quello, potrei votare sia uno di destra che di sinistra».

In Italia chi la convince?
«La vedo dura. Non c'è una persona che esprime in maniera lucida e decisa quelle che per me sono le urgenze del Paese».

Il settimanale Gente l'ha immediatamente assunta come divulgatore e inizia con la Regina Elisabetta. Perché?
«Il direttore Monica Mosca è stata molto generosa e ho libertà totale. La prima persona che mi mise in mano Gente fu mia nonna, era abbonata. Chi è la nonna più famosa del mondo? Elisabetta II. La racconto con due ritratti: quello di Lucian Freud e il primo che lei ha svelato su Zoom a causa della pandemia».

Visto che studia e approfondisce, cosa pensi dei vaccini Covid?
«Appena sarà il mio turno lo farò. Ho avuto la fortuna di non aver conosciuto da vicino la malattia ma le narrazioni mi hanno veramente sconvolto. Sarà difficile uscirne».

È geloso della vita privata?
«Penso non interessi a nessuno, come a me non interessa quella delle persone famose».

Ma non è sposato nè fidanzato, vero?
«Esatto».

Dunque c'è stata un'ondata di proposte?
«Sì. Sui social arriva di tutto. Ma non faccio il divulgatore per rimorchiare. Cerco di essere cortese, anche se a volte le attenzioni sono fuori luogo: "Grazie, no", rispondo.

E per strada?
«È diverso. Sono tradizionalista, ha senso che due persone si piacciono e chiacchierino. Ma leggere sui social: "sposami"...boh!».

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