Grande Fratello Vip, Alessi smonta l'Ares Gate: "Io Lucifero lo conosco bene", chi sono davvero Adua e Morra
ADUA DEL VESCO E MORRA - Macché diavolo, ecco chi difende Tarallo
Noi lo conoscevamo bene. Lui è Alberto Tarallo, il grande produttore, quello che ora indicano, a mio parere a sproposito, Lucifero, quello della setta (setta?) di Zagarolo, indicato così dai media dopo le confidenze tra Adua Del Vesco e Massimiliano Morra, al Grande Fratello Vip e un tempo star della scuderia Tarallo, che ha prodotto le fiction più amate di Mediaset come "Il bello delle donne" e "Pupetta Maresca". Adua con Tarallo ha fatto sette fiction, Morra altrettante, entrambi non hanno lavorato per nessun altro produttore. E oggi al GfVip lo accusano e vanno giù pesanti. Sì, noi lo conoscevamo bene Tarallo, mi dicono in tanti senza problemi, e alla fine, anche se ne parlano con i dovuti "ma" e "sebbene", non ne parlano certo come del capo di una setta satanica: anche se tutto può essere, non dormivamo a casa sua.
E "noi" sono il mitico ufficio stampa Enrico Lucherini, che ha lavorato per la casa di produzioni di Tarallo, la Ares. Donatella Rettore, mito della musica pop italiana, amica di Tarallo da 40 anni, lo considera «un fratellone anche se ci siano persi da tanto». L'attore Francesco Testi, che mi dice che ha chiuso con lui dal 2015 perché si opponeva al suo amore per l'attrice, da anni sua compagna, bella e per bene, Reda Lapaite. Il fotografo Marco Rossi, che mi confessa che non lo incontra da decenni per scelta, ma che gli riconosce di aver lavorato tanto e bene con lui. L'elenco continua con Giovanni Ciacci («È un orrore che tutti si scaglino ora contro di lui, quando in fondo senza di lui oggi non sarebbero nessuno») e la lista continua anche con un nome mitico come Virna Lisi, che ho intervistato prima che morisse: «Ho lavorato bene, ruoli che mi sono piaciuti e che mi hanno fatta crescere, perché nel mio lavoro si cresce sempre se si fa con la mia passione», mi diceva dopo aver interpretato "Caterina e le sue figlie" e "Baciamo le mani" della Ares, fiction entrambe scritte da Teo Losito, compagno di Tarallo, morto suicida nel 2015.
L'elenco dei "noi lo conoscevamo bene" si conclude con il mio nome, Roberto Alessi. Sì, perché, pur non dovendogli niente (ho sempre fatto solo il giornalista) pure io l'ho conosciuto bene, tanti anni fa, ma all'inizio degli anni Novanta l'avevo perso. Poi l'ho rivisto chiamato da lui per una proposta che non si fece mai. Presi da lui anche qualche servizio fotografico proprio con Gabriel Garko (superstar della sua scuderia, ora super ospite al GfVip) e la Del Vesco, sempre "sua", pubblicati poi da Novella 2000 con la mediazione di Enrico Lucherini, che seguiva gli artisti della Ares. Alberto Tarallo era considerato un grande produttore di fiction come "La signora della città", tratto da un romanzo firmato da Silvana Giacobini, e "L'onore e il rispetto".
Ora si lega il nome di Tarallo alla parola setta (scritto dai giornali), si dice Lucifero (detto da Massimiliano Morra al Gf). Si adombra l'idea che tutto questo portò al suicidio (scritto da più parti) per Losito, ragazzo geniale, un tempo cantante, andato anche a Sanremo, poi sceneggiatore di grande successo, che ha scelto di andarsene nel modo peggiore, nel gennaio del 2019, sconfitto dal male di vivere. Tarallo lo adorava, anche se era lontano da smancerie ostentate. Eppure Morra e Del Vesco insinuano che gli atteggiamenti di Tarallo, che lo ha amato per 19 anni, abbiano inciso. Morra e la Del Vesco, entrati nella casa del Grande Fratello Vip come nemici per la pelle (erano stati insieme, poi lui s' era dato e lei lo aveva umiliano al loro primo incontro dentro alla Casa), poi, a poche ore dall'odio e dalle lacrime, improvvisamente amici, e parlando davanti alle telecamere del loro passato, hanno descritto quel mostro del loro scopritore, Tarallo, appunto, vuotando il sacco.
Con Tarallo erano diventate star in tanti. Era successo a Gabriel Garko, a Pamela Prati, scoperta quando faceva la commessa, a Tinì Cansino, che aveva una figlia da mantenere e lui ne ha fatto la stella di Drive In, a Eva Grimaldi che lavava i bicchieri in un bar, e lui ne fece una celebrità, pure lei fuggita dalla scuderia di Tarallo dove la carriera era messa prima di tutto. Setta? Lucifero? Istigazione al suicidio? «Un'assurdità», mi dice Lucherini, «Andavo spesso da loro, non vivevo da loro, certo, ma possibile che non mi sia accorto di nulla?». «Ma puoi immaginare? Tarallo alle prese con le messe nere? Me lo ricordo, era un fratellone, buono, affettuoso», mi dice la Rettore. «Mi ricordo che l'ho conosciuto proprio con lei a Verona, al Festivalbar. Lui era il suo truccatore... Da truccatore era passato ad agente di Dalila Di Lazzaro. Poi un giorno mi ha parlato di "La signora della città", dal libro di Silvana Giacobini, che diventò una fiction di successo. Aveva conosciuto Losito che divenne il suo compagno e lo sarebbe rimasto per 19 anni, fino al suicidio di Teo».
Con Losito Alberto creò la Ares «Tutto ciò è una vergogna», mi dice Ciacci, che prima di diventare un personaggio popolare in tv, è stato costumista e stylist, che ha conosciuto tutto "il giro" di Tarallo. «Probabilmente sarà stato tremendo lavorare con lui, pretendeva da quei ragazzi e ragazze che trovava in giro, il massimo, proibendo loro di vivere come erano abituati, e tentava di trasformarli in attori professionisti». Eva Grimaldi per ora preferisce il silenzio, che per alcuni è un assenso. Ripeto, non lo sentivo più dall'inizio degli anni Novanta... Sarà cambiato, certo, ed eravamo ormai più che scollati, visto che non ha mai voluto parlare con me (l'ho chiamato e gli ho scritto) nemmeno del suicidio di Teo... ma è possibile che quello che mi sembrava un uomo perennemente impegnato, perfino triste, quotidianamente alle prese con diete sempre traditrici, che si era creato un suo gruppo di lavoro ristrettissimo, una sorta di famiglia in cui nessuno era ammesso, sia diventato una sorta di Lucifero a capo di una setta? Magari mi ricrederò, ma ricordo che ci vuole poco per distruggere un uomo, soprattutto se è stato magari anche ingiusto come capo, e che ora conta molto meno per attori che ancora professionisti sono solo sempre meno giovani promesse.