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Acab: l'improbabile tempismo del film sugli 'sbirri bastardi'

In uscita nel primi mesi del 2012. Il regista Sollima spiega: "Attraverso lo sguardo dei miei celerini racconto un pezzo d'Italia"

Andrea Tempestini
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All cops are bastards. Tutti gli sbirri sono bastardi. Acab. Un'ignobile sigla con la quale nostro malgrado abbiamo da tempo confidenza: l'ultima celebra apparizione risale a sabato scorso, quando è stata vergata a Roma sul blindato assaltato dai soliti idioti. E con tempismo quantomento improprio, la stessa sigla, si scopre essere il titolo di un film. A.C.A.B., questo il nome scelto da Stefano Sollima per il lungometraggio in uscita nei primi mesi del 2012, targato Cattleya-Raicinema. Prendendo spunto dal libro-inchiesta Acab del giornalista Carlo Bonini (edito da Feltrinelli), Sollima racconta in chiave realistica la storia di tre poliziotti - Filippo Nigro il 'Negro', Marco Giallini detto 'Mazinga' e Pierfancesco Favino, il 'Cobra' - che hanno più di 40 anni e militano nel VII Nucleo di Polizia, un reparto speciale mobile in prima linea contro ultrà, black bloc, No Tav e scalmanati di ogni genere. "Un pezzo d'Italia" - Intervistato dal Secolo XIX, il regista spiega: "Attraverso lo sguardo dei miei celerini racconto un pezzo d'Italia. Soprattutto l'odio respirato ogni giorno da questi uomini impegnati a difendere lo Stato e le sue leggi, fungendo da terminazione nervosa finale. Non è un mestiere facile affrontare e gestire la tensione sociale, la frustrazione dei giovani, il furore cieco delle tifoserie". Ma i tre poliziotti protagonisti del film, descritti senza volere né condannarli né assolverli, non sono certo rassicuranti o 'sbirri' sempre dalla parte giusta, coem per esempio ci sono stati raccontati in serie tv quali Distretto di Polizia. Un film, insomma, destinato a far discutere, con un titolo che suona quantomeno come una scelta infelice.

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