Arbore ha fatto la storia, si cerca un erede

di Alessandra Menzanimercoledì 23 aprile 2025
Arbore ha fatto la storia, si cerca un erede
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«L’idea mi venne pensando alle riunioni di condominio, ma anche alle conversazioni di noi nottambuli a Foggia, fra pettegolezzi locali e massimi sistemi», ricorda Renzo Arbore. Una riunione di condominio seguita da milioni di persone, un cult che ha cambiato per sempre la tv e il linguaggio. Quarant’anni fa, il 29 aprile 1985, in seconda serata su Rai2, debuttava Quelli della notte, il primo late show italiano fatto di chiacchiere, jam session, varietà e improvvisazione senza limiti. Una rivoluzione orchestrata da Renzo Arbore con una surreale compagnia di personaggi riuniti in un salotto arabeggiante che hanno lanciato tormentoni e uno stile che ha cambiato il piccolo schermo, prima di allora tendenzialmente fatto di scalette e copioni scritti. E soprattutto, solo di prime serate: la notte tutto era spento. «Venivo dal successo di Cari amici vicini e lontani, dedicato ai sessant’anni della radio, che l’anno prima aveva fatto anche 18 milioni di spettatori, ma non volevo rimanere ancorato alla nostalgia: proposi così a Giovanni Minoli il primo programma notturno della tv italiana, che andasse al posto del monoscopio che appariva puntualmente alle 23. E lui, da sempre grande creatore di televisione, accettò la sfida».

Ma Quelli della notte non è stato soltanto «la prima seconda serata nella storia della tv. È stato un fenomeno, il manifesto degli anni ’80: ufficializzava la fine degli Annidi Piombo e sdoganava il sorriso, la Milano da bere, la fertilità del cinema e del teatro. E rispetto alle riviste di Antonello Falqui, di Pippo Baudo, di Corrado, scritte e recitate meravigliosamente, inaugurava l’improvvisazione e metteva in scena quaranta facce nuove. Di fatto era una sit-com». «Con Ugo Porcelli, coautore, - ricorda Arbore - in una settimana a casa mia immaginammo i quaranta personaggi». C’era Riccardo Pazzaglia, filosofo napoletano e teorico del “brodo primordiale”, che aveva la missione di “alzare il livello” del programma: «Gli suggerii di ispirarsi a un vero intellettuale, Alberto Ronchey. In una comitiva di cialtroni, finiva sconfitto dalla banalità di Massimo Catalano, maestro del discorso lapalissiano». Maurizio Ferrini era il romagnolo «leghista ante litteram, che voleva alzare un muro ad Ancona contro i meridionali». E Nino Frassica, alias frate Antonino da Scasazza, «il primo a indossare una tonaca in tv». Simona Marchini, la segretaria, con tanto di ingombrante “cugina”, Marisa Laurito in cerca di Scrapizza, il fidanzato latitante.

La New Pathetic Elastic Orchestra era guidata dal maestro Gianni Mazza, c’erano dei giovanissimi Silvia Annichiarico, Gegè Telesforo, Sal Genovese, Stefano Palatresi, Mauro Chiari, il duo Antonio (Maiello) e Marcello (Cirillo). Il critico musicale Dario Salvatori e Roberto D’Agostino, artista dell’effimero, «il lookologo che poi diventò tuttologo, anticipando i tempi di oggi in cui la tuttologia imperversa». Ed Andy Luotto che, per il suo travestimento da arabo (identico), a causa di una protesta da parte dei musulmani e di una serie minacce, fu costretto ad abbandonare lo show. «Le uniche regole erano improvvisare e divertirci. Facemmo 33 puntate e sentimmo che il pubblico era nostro complice». Ottocentomila spettatori medi la prima settimana, un milione e 700mila la seconda, fino a 2 milioni e, nelle ultime due settimane, 3 milioni a sera, share fino al 51%. Ci si interroga chi possa essere l’erede di tutto sto bendi Dio? Lo è stato forse Piero Chiambretti con Chiambretti c’è? Può essere, per un periodo. Dicono lo Stefano De Martino di Bar Stella. Arbore si è espresso sull’argomento: «Potenziale erede vedo Fiorello. Stefano è certamente molto bravo, è sicuro e gentile con il pubblico. È educato, un bel ragazzo». Punzecchiato in una memorabile puntata di Tv Talk, ha tagliato corto: «Forse c’è da aspettarselo da Elio e le storie tese». Tradotto: eredi non ce ne sono.