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"Stira, fammi il caffè...": Checco Zalone strapazza il patriarcato - Il video

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Daniele Priori
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Si stava meglio quando si stava peggio. Soprattutto dal punto di vista del maschio alfa (che in realtà al massimo è un modello beta con tutti i difetti del caso) da leggere alla voce Checco Zalone, riuscito a coprire di risate (senza scadere nel ridicolo, anzi!) addirittura l’8 marzo, ovvero ieri: Giornata internazionale della Donna, dissacrata con bonomia dall’artista pugliese che, proprio in concomitanza con la festa delle mimose, ha pensato bene di pubblicare il suo brano nel quale si prende gioco, a suo modo, del femminismo spinto, inneggiando (o meglio irridendo con intelligenza) a “L’ultimo giorno di patriarcato”.

Così Checco, al secolo Luca Medici, è tornato a mettere alla prova (perfettamente riuscita) la sua passione primigenia: la musica. Fatta di parodie dissacranti a partire dall’ambientazione del video, girato nell’immaginario paesino meridionale di San Masculo, con tanto di Caffè Nerchia in bella vista sulla piazza che poi, quando il mondo comincia ad andare al contrario (per citare il generale eurodeputato), ovvero, secondo Checco, più semplicemente “contro natura”, viene corretto in un innocuo Caffè Perchia. Che è solo l’inizio della deprimente abdicazione del maschio cantato con divertita e divertente rassegnazione da Zalone. Con un brano che si connette naturalmente alla storica vena comico-satirica del cantautore, ormai da oltre vent’anni sulle scene.

Arrivato al grande pubblico grazie al palcoscenico di Zelig nel 2006 fino a diventare protagonista dell’operazione-trionfo rappresentata dalla sequela di film di successo, nel cui esordio, l’esilarante “Cado dalle nubi” del 2009, metteva nel mirino di un’altra sua canzone divenuta cult «gli uomini sessuali», cantata direttamente sulle facce esterrefatte della comunità gay milanese. In tasca, nel film come nella realtà, il sogno del successo discografico inseguito e poi arrivato davvero. E sempre grazie a uno stile tutto suo. Libero. Continuando a dirne e a cantarne di tutti i colori. Ottenendo, però sempre solo buffetti e pacche sulle spalle anche dai rappresentanti di un pensiero esteticamente opposto al suo, ortodosso o buonista.
E proprio qui è l’altra faccia geniale dello zalonismo. Che nel tempo non ha esitato a portare in scena, a fianco a sé, il volto più buono tra i buoni: Nonno Libero, ovvero Lino Banfi, nel film “Quo vado?” del 2016. E adesso, nel nuovo singolo ironicamente nostalgico del patriarcato andato a farsi benedire, addirittura la severa Vanessa Scalera, protagonista nel ruolo della donna emancipata (che alla fine, non a caso, pretende anche il toyboy).

Con il maschio alfa divenuto a questo punto senza alcun dubbio e a tutti gli effetti beta, chiamato solo ad assumere i doveri, un tempo in capo alle donne, come stirare (bucando i vestiti) e cucinare (bruciando la lasagna) prima di scoprire l’unico nuovo diritto acquisito dall’uomo: essere cornuto e contento. In poche, anche tra le donne, quelle che sulla bacheca ufficiale dell’artista, hanno trovato stonata la provocazione... a orologeria. In una data simbolo nella quale, semmai – a prenderlo sul serio quanto basta – Checco vuole spiegare al suo pubblico come in realtà gli eccessi, in un verso o nell’altro, possano al massimo far ridere, senza produrre altri risultati. E se c’è qualche pugliese che si chiede perché l’artista abbia imitato l’accento calabro. C’è anche qualche laziale che loda la scelta del regista (sempre lui) Gennaro Nunziante che ha voluto come delizioso set il paesino laziale di San Pietro Romano, uno dei borghi più belli d’Italia, con o senza patriarcato.

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