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Sanremo 2025, Viale Mazzini ha ripreso centralità tornando a interpretare l'Italia

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Agostino Saccà
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In questi giorni in tanti hanno cercato di spiegare perché il Festival di Sanremo di quest’anno stia raccogliendo straordinari risultati di ascolto (oltre il 70%, i più alti della storia del Festival da quando esiste Auditel e una media superiore del 5% rispetto alla scorsa edizione). Al tempo stesso, altri hanno rilevato come siano mancati gli scandali e le provocazioni e hanno parlato di un Festival piatto, senza sussulti. Eppure le premesse alla vigilia ci sarebbero state tutte (vicende sentimentali, tradimenti che riguardavano alcuni protagonisti del Festival) e si può essere abbastanza certi che, in edizioni passate, tali presunti scoop avrebbero richiamato tutta l’attenzione. E se il motivo del successo fosse quello che sì sia rimessa semplicemente al centro la musica, e che il Festival sia tornato ad essere innanzitutto (e non anche) il Festival della canzone italiana? E se gli ascoltatori (oltre 13 milioni) che più degli scorsi anni hanno deciso di seguire Sanremo lo abbiano fatto proprio per la voglia di spettacolo nel senso etimologico (“rappresentazione che avviene a favore di un pubblico” e non invece destinata prioritariamente ai protagonisti o agli addetti ai lavori)?

ZERO POLEMICHE
Si prendano due emblemi di questo Festival: Simone Cristicchi (tornato sul palco dopo anni e che non ha fatto una parola del suo essere da anni protetto dalla Polizia per le minacce ricevute a causa del suo spettacolo sulle foibe) e Topo Gigio (che ha raggiunto 11 milioni di ascolti tra i ragazzi 15-24 anni). Niente a che vedere con i momenti iconici degli ultimi anni: baci scomposti, litigi plateali sul palco, monologhi divisivi e provocatori. Anche di fronte alle domande più insidiose ha sempre prevalso il rifuggire da ogni polemica: «Siete antifascisti?» «Certo. Ma mi sembra una domanda anacronistica». «Coma mai Fedez indagato è qui?» «Io sono un direttore artistico e non un giudice. E comunque sono un garantista». Queste le risposte di Carlo Conti.


E non potrebbe essere proprio il senso della misura, del limite, dell’equilibrio e della sobrietà (a partire del suo principale interprete Conti) la ricetta segreta che ha portato a questi straordinari successi? Se sicuramente il senso della misura è tornato protagonista, non si può negare che la Rai (unico servizio pubblico in Europa capace di raggiungere, con una produzione originale, ascolti del genere) abbia riacquisito una sua centralità. Così come occorre riconoscere che questo Sanremo certifichi una rinnovata capacità della RAI di essere servizio pubblico e di interpretare il sentimento e la “pancia” del Paese. In uno scenario televisivo in cui la competizione è ormai universale e con piattaforme digitali multinazionali, i segni di vitalità che la Rai sta dando (ad esempio con i 24 milioni di account a RAI Play e con gli ultimi risultati di ascolto dell’access prime time) non possono essere ignorati. Sarà per un vertice che con Giampaolo Rossi che è tornato ad appartenere alla tradizione interna, sarà per un azionista che sembra di nuovo attento alle istanze della concessionaria pubblica, ma si può dire che la Rai stadi nuovo facendo il suo mestiere, così come tante volte negli scorsi decenni: interpretare unitariamente il Paese dando vita ad un’occasione di identificazione per ogni fascia sociale (80% di ascolti tra i laureati così come tra gli under 19) e ogni area geografica, al Nord come al Sud. Senza divisioni.

RUOLO CENTRALE
E sarebbe giusto ed opportuno che una migliore attenzione sia prestata proprio alla RAI, per questa funzione che svolge di raccontare e rappresentare il Paese, dando ad essa le certezze e le risorse che merita coerentemente a quanto succede in tutta Europa. Senza strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni. Ma con lo stesso rigore ed equilibrio che questo Festival ci ha insegnato.

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