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Sanremo 2025, Conti accusato di normalità: qual è il problema?

Fabrizio Biasin
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L’assenza di polemiche genera nuove e stucchevoli polemiche, pensa te. Tra le altre, quella più alimentata nelle ultime ore è «Carlo Conti fa troppo il Carlo Conti», ovvero il suo mestiere. E lo fa bene, anzi benissimo. Rispetta i tempi, lascia i cantanti al centro della scena, non si perde in tele-boiate, rispetta la scaletta, non sbaglia un’uscita, non inciampa, non balla il Qua Qua, dirige serenamente il traffico. Una conduzione che potremmo definire “svizzera” e che in qualche modo ha disturbato coloro che nella prima serata speravano di ritrovare la cara vecchia caciara tricolore. Per carità, durante la prima serata l’assenza di “un Fiorello” si è sentita eccome, ché quello riempiva tempi morti e pure quelli vivi, ma il dato di fatto è che Carlo il toscano ha preferito evitare qualunque tipo di scopiazzatura e, semmai, ha scelto di replicare – e possibilmente migliorare - se stesso.

RITMO SERRATO
C’è chi dice “sì ma che barba” e certo siamo lontani dai picchi di follia generati dalla fuga di Bugo (son già passati 5 anni, quanti ricordi...) o da Gianni Morandi che ramazza il palco dell’Ariston, ma una cosa è certa: con Conti è impossibile farsi travolgere dal caos. I 29 artisti hanno avuto tutti lo stesso spazio, nessuno si è esibito ad orari antelucani buoni solo per i vampiri, l’obiettivo era “chiudere entro l’1.20” ed è stato rispettato alla lettera. «Siamo tornati al passato», dicono i più, ed è così, ma non poteva andare altrimenti, laddove Amadeus con il suo grande show ha fatto qualcosa di unico e difficilmente replicabile. Dopodiché la seconda serata, quella archiviata poche ore fa, è già andata su versanti parecchio più ridanciani. Alle figure “istituzionali” (Clerici e Scotti) sono subentrate le schegge impazzite Cristiano Malgioglio e Nino Frassica e il cambio di marcia in termini di cazzeggio si è visto eccome. Prima è arrivato Cristiano, una forza della natura, uno che ti può anche stare mica troppo simpatico ma forse dovresti rivedere le tue posizioni: ha scritto capolavori della musica italiana, ha passato momentacci, si è trasformato in “personaggio” nel senso migliore del termine e ieri sera, a modo suo, ha riempito appieno quegli spazi di avanspettacolo che il pubblico pretendeva.

 


MATTATORE
Cambi di abito (lo strascico di 50 metri, che bellezza), battute più o meno taglienti, qualche risata sguaiata, qualche altra affilatissima. Poi è arrivato il momento di Nino Frassica che a sud delle Alpi quanto a capacità di produrre risate no-sense non ha praticamente rivali da quarant’anni. Scende le scale con ciuffo “alla Malgioglio”, porta con sé un agghiacciante bouquet di fiori appassiti, prova ad anticipare il nome del vincitore della 75esima edizione, lancia la pubblicità, fa tutto quello che ci si poteva aspettare da uno come lui e, forse, anche qualcosa di più. Fenomeno. Chiudiamo con due doverosi Ps. Ps 1. L’omaggio di Damiano David (ex Maneskin) a Lucio Dalla è stato una cosa bella. Damiano David è un’altra cosa bella, uno che è riuscito a diventare grande oltre i confini, il Sinner della musica italiana, uno che – come spesso accade – subisce le critiche e le battutacce dei suoi stessi connazionali che troppo spesso, invece di proteggere le loro eccellenze, le mortificano per questioni di invidia bestiale. Bravo Damia’, avanti così. Ps 2. Bianca Balti che «non è la mia prima volta qui al Festival di Sanremo, ma l’altra volta non mi sono divertita...» (con Fabio Fazio in conduzione e Lucianina Littizzetto al suo fianco, e vabbè...) ha dimostrato una grandezza che va ben oltre la retorica. E non c’è davvero bisogno di spiegare perché.

 

 

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