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Sanremo 2025, "Bella str***"? Non proprio: l'annuncio di Carlo Conti apre un caso

Marco Patricelli
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Alt, fermi tutti. Al Festival di Sanremo Marco Masini e il sodale Fedez potranno cantere senza problemi «Bella bricconcella»: ugole  spalancate e gambe richiuse sul testo urticante di trenta anni fa, e un plissé davanti al politicamente corretto. Carlo Conti nella trecentoounesima o trecentoduesima (il conto è stato perso) anticipazione dell’edizione 2025, spoilerata dal giorno prima della fine di quella del 2024, ha preannunciato che la canzone sarà rivisitata e corretta. Una buona dose di rassicurante camomilla da versare in dosi generose sugli indignati e le indignate speciali già con la pelle d’oca per le parole esplicite e per le allusioni del rapper Federico Leonardo Lucia. Altro che fioriere prese a calci o tentati suicidi sventati all’Ariston da Pippo Baudo.

Il suo erede nazionalpopolare in salsa toscana è riuscito a salvare capra e cavoli con un barbatrucco, suggerendo qualche ritocco alla prosa masiniana non propriamente stilnovista, e poiché il cantante non è né Guido Guinizelli né Guittone D’Arezzo, avrà acconsentito ad ammorbidire. È già accaduto in passato, con le calze di lana per le gemelle Kessler e lo scandalo dell’ombelico scoperto di Raffaella Carrà titillato da Alberto Sordi, ed è accaduto pure l’altroieri quando a Edoardo Vianello hanno suggerito un ritocchino ai Watussi, togliendo una “g” e cantare «altissimi neri». Solo che lui ha detto di no, perché ai tempi di quel successo evergreen, il 1965, la lingua era quella, dal cinema ai fumetti (nelle ristampe di Tex mica hanno sbianchettato le “g”). Allora non c’erano gli avvocati delle offese altrui, e woke non faceva parte del vocabolario. Perché, gira gira, c’è sempre qualcuno che si offende, e oggi ce ne sono anche in nome ma non per conto di quelli che non si offendono o non si turbano., Ci capitò la buonanima di Lucio Dalla il quale, non potendo usare gli eleganti termini di meretrice o cortigiana al posto del triviale francese permutato dalla lingua italiana con enorme successo d’uso, ci guadagnò la rima «e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino / per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino»- ma ci perse il senso «per i ladri e le puttane». Orrore poi sdoganato, ma correva il 1971, e la musica non si perse Dalla. Altre allusioni esplicite sul cobra (con k, che forse non era casuale nelle intenzioni di Rettore) o sul gelato al cioccolato (che fece quasi venire un coccolone al finto ingenuo Pupo quando Cristiano Malgioglio gli rivelò in diretta significato e ispirazione di dolce e salato) passarono nonostante il doppio senso fosse a senso unico. Se il serpente fosse stato cambiato in lucertola e il cono in ghiacciolo non sarebbe stata la stessa cosa.

 



Pure Lucio Battisti vide le streghe del femminismo con un testo di Mogol dove si esplicitava la figura della donna predatrice («Dio mio no», stesso anno di 4/3/1943 e della versione originale di Luci a San Siro di Vecchioni). Ci sono cascati anche l’architetto Claudio Baglioni, che tolse un «nudi» al mieloso Questo piccolo grande amore, e l’arrabbiato Riccardo Cocciante con la sua Bella senz’anima, che rabbonì «quando a letto lui / ti chiederà di più» con «quando un giorno lui / ti chiederà di più». Masini saprà cosa fare. D’altronde anche il vigile Otello Celletti, alias Alberto Sordi, salvò il sindaco impersonato da Vittorio De Sica, spergiurando davanti al pretore di aver percepito male la parola denunciata come offesa, cambiando appena una consonante: «Sbronzo, sbronzo», sottolineò. «Bella sbronza» e tutto passa.

 

 

 

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