M-Il figlio del Secolo, Caio Mussolini: "Non vedrò la serie, mossa di marketing di Scurati"
Anzitutto: ha visto le prime puntate della serie tv “M. Il figlio del secolo”?
«No, mi rifiuto di contribuire a questo furbo piano di marketing ideato da Scurati. Non voglio vederla».
A parlare è Caio Mussolini, pronipote del Duce. «Ovviamente», prosegue, «ho seguito il dibattito, le polemiche, i commenti delle persone che l’hanno vista. Quindi un’idea me la sono fatta».
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Operazione di marketing, diceva.
«L’antifascismo di oggi è anacronistico, assolutamente fuori dal tempo. È l’unico collante che tiene insieme le sinistre. Oggi viene additato come “fascista” qualsiasi cosa che non piaccia a loro. Pensi che ne parlava già Croce nel ’44 dell’uso a vanvera del termine fascista».
Scurati non è il suo autore preferito, pare di capire...
«È uno che si presume portatore di una verità inconfutabile, ma i suoi libri sono delle ricostruzioni romanzate spesso piene di strafalcioni ed errori storici».
Eppure vende un botto.
«Scurati ha dietro di sé una macchina di comunicazione potente. Oramai si è diffusa questa idea, che leggendo un suo libro si apprenda la storia, ma non è così».
La serie tv ha gli stessi limiti storiografici?
«Da quello che ho letto e ascoltato pare proprio di sì. Ridurre il Duce a una macchietta è una forzatura che sfiora il ridicolo. Voglio ricordare che lo stile comunicativo di Mussolini viene studiato nelle università, per vent’anni è riuscito a trasmettere alle masse un’empatia uni ca per quell’epoca. Come si fa a fare di tutto questo una caricatura?».
Si sente offeso, visto il cognome che porta?
«Guardi, in questi anni sembra che il tempo sia corso all’indietro. Invece di andare avanti, di lasciare il fascismo agli storici, si continuano a ripetere le stesse menzogne e a diffondere le solite cialtronerie. Tutto ciò, secondo me, ha veramente stufato».
C’è una logica commerciale dietro un certo antifascismo militante? Evocare il fantasma del Duce contribuisce ad aumentare i ricavi?
«Sì, ed è un paradosso. Se io non stimo una figura storica, se non mi interessa, non mi piace, semplicemente non la considero; cerco di non dargli importanza, non ne scrivo, non ne parlo. Perché gli antifascisti non si dedicano a Pertini, Gramsci o Amendola? Forse perché oramai a nessuno interesserebbe un libro o una serie tv su quei personaggi? Forse perché sarebbe un flop economico? Mussolini invece fa vendere, attira, e allora scrivono esclusivamente del fascismo».
Fascismo e fatturato.
«Mussolini, a ottant’anni dalla morte, è più vivo che mai. Ma paradossalmente sono stati proprio gli antifascisti a renderlo immortale. Ne hanno bisogno. Non lo vogliono affidare alla storia. Serve alla polemica politica quotidiana e serve per muovere denaro».
Luca Marinelli ha detto che per lui, fortemente antifascista, è stato “devastante entrare nei panni del Duce”.
«Sinceramente resto basito dalla banalità di queste dichiarazioni. Patetica. Un attore incarna un personaggio, non deve aderire alle sue idee. È come se Anthony Hopkins, che ha interpretato Hannibal Lecter ne Il silenzio di Innocenti, avesse sentito il bisogno di dire che lui non mangiava le persone. Su, andiamo... Aggiungo che se a Marinelli non piaceva il ruolo o aveva problemi ideologici, poteva semplicemente rifiutare la parte. Cosa che però non ha fatto. Quindi, anche qui, penso sia tutta una polemica creata ad arte per avere un po’ di visibilità».
Il sottotesto di questa serie tv è che i fascisti sono ancora in mezzo a noi. È così, in Italia c’è il rischio di una deriva autoritaria?
«Assolutamente no. Ma agitare questo fantomatico pericolo è l’ultima argomentazione che resta alla sinistra».