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Luca Marinelli, l'ultima sparata: "A chi assomiglia il mio Mussolini"

Francesco Storace
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E noi siamo devastati da lui, dalle sue contorsioni, dalle recite che mette in scena sui media che lo intervistano, più che in tv o a teatro. Luca Marinelli, l’attore chiamato ad interpretare il Duce quasi controvoglia ma non certo gratis, ogni giorno tiene a galla il suo io controverso. Mi si nota di più se ci sono o se non ci sono, si chiedeva Nanni Moretti... E così non fa passare 24 ore senza averla sparata grossa. Si diceva devastato dall’interpretazione di Mussolini nella serie M. su Sky, e ieri si è messo a civettare sulla “somiglianza” del Duce con Donald Trump...

A domanda di Luca Barbarossa a Social Club su Radio2 – che evidentemente ha capito il soggetto – non ha trovato differenze tra i due, in particolare perla minaccia di «annettere il Canada». Ovviamente Marinelli si è detto perfettamente d’accordo con l’analogia che gli veniva sollecitata: «Sono talmente d'accordo che quasi non aggiungerei altro». Però, immancabilmente, qualcosa sottolinea: «L’unica cosa è un invito che faccio a me stesso». Ossia? «Essere presente alla storia perché se noi conosciamo la storia, se conosciamo veramente quel periodo storico, il fascismo, è impossibile essere fascisti oggi», filosofeggia l'attore. Vorrà applausi anche per questo. Insomma, strazio continuo per Marinelli. «Il figlio del secolo» è ormai nella parte del contorsionista senza chiedersi che cosa si debba fare per campare in questa maniera. Del resto, ispirato al libro di Antonio Scurati anche lui incassa bene su opere che dice di maledire. Potremmo dire peccato per quel “sì” pronunciato da quella nonna di cui affermava di temere il giudizio. Se lei avesse detto no, non sarebbe mai andato in scena. E magari avrebbe recitato al posto suo un attore meno schizzinoso...

 

 

 

Invece insiste e ieri si è messo davanti ai microfoni di Radio 2 social club, il programma radiofonico condotto su Rai Radio 2 da Luca Barbarossa ed Ema Stokholma. Dove, ovviamente, Marinelli ha ribadito il suo disagio nell'aver interpretato il Duce. Era “un outsider” che ha fatto scattare una «straordinaria empatia» con il popolo italiano, «tanto che ci siamo consegnati a un mostro», ripete senza pudore. E all’ennesima domanda sulla nonna: «So che ti sei confrontato con lei prima di accettare il ruolo...», la solita “confessione” di Marinelli: «Era molto scioccata, però poi è stata d'accordo».

Meno scioccato appare invece Giampiero Mughini, che ha raccontato quello che prova proprio nei confronti di Marinelli, per il suo presunto disagio nell’interpretazione di Benito Mussolini. «Pronunziare da attore le cose che Mussolini pensava e diceva da uomo reale del Novecento gli ripugna. Dire che sono allibito è niente». Mughini, che di cinema e teatro si intende realmente, va avanti con la scimitarra: «A ragionare come sta ragionando Marinelli, non ci sarebbe stata la storia del cinema né del teatro. Si potessero e dovessero interpretare solo i personaggi portatori del bene, potresti fare dei film solo sui francescani scalzi. In tutti gli altri personaggi della vita reale il Male è commisto al Bene, in ognuno di noi le due cose inevitabilmente si intrecciano.

Questa la vita, è questa l'umanità, e tanto più grande e complesso è il cinema quanto il teatro che ne risultano. Non è detto a priori che un romanzo che abbia a personaggio centrale Piero Gobetti sia migliore di uno che abbia a personaggio centrale il Duce. Che questo o quell'altro personaggio sia interamente bene o interamente male spetta ai giudici definirlo. Agli attori di cinema e di teatro spetta farteli sentire reali, gente che puoi incontrare nella vita in un momento o in un altro, o addirittura gente che sono ora l'uno ora l'altro».

Mughini poi spiega perché la figura del Duce è più complessa: «... lo stesso Mussolini non fu interamente e banalmente l'incarnazione del Male. Fu un ‘figlio del secolo’ e ne portò tutte le ombre, e quando dico “ombre” dico niente. Di certo non fu un francescano scalzo. Come del resto non lo erano molti di quelli che lo avversarono. E del resto se Mussolini fosse stato un francescano scalzo, uno scrittore come Scurati non avrebbe trascorso dodici anni della sua vita a cercare di ricostruire il mosaico umano di cui Mussolini era fatto».

 

 

 

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