Luca Marinelli e "M-Il figlio del secolo"? Macchiettismo, sensi di colpa e sfondoni: fiction bocciata
Ve lo ricordate il vecchio spot della Telefunken? «Potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultra-vivaci». Ecco, la fiction “M. Il figlio del secolo” dà un po’ questa impressione: di volerci stupire con effetti speciali. Solo che, a conti fatti, non è che ci riesca proprio bene. Non sempre, in ogni caso.
Quando si guarda un film o una serie che ricostruiscono la vita di un personaggio storico, la prima tentazione è quella di andare a cercare gli errori e le forzature. Che anche in questo caso non mancano, ma si tratta di una fiction ricavata da un romanzo, quindi diciamo che tutto sommato ci può stare. Nessuno, onestamente, si aspettava una totale fedeltà ai fatti. Il problema, insomma, non è questo.
Il problema vero, per cui nel complesso le prime due puntate non convincono, è la tendenza, in tutta l’opera, a una deriva macchiettistica che si alterna a momenti di violenza brutale. E le due cose non stanno molto insieme. Quegli anni sono stati una farsa o una tragedia? Il messaggio non è chiaro...
Una macchietta, quasi sempre, appare Benito Mussolini. Impressione che viene amplificata, come fatto notare da più parti, da un dialetto romagnolo eccessivamente marcato e piuttosto lontano da quello originale del Duce, almeno da quello che abbiamo imparato a conoscere attraverso i filmati dell’epoca. Ma non c’è soltanto il capo del fascismo. Una macchietta risulta anche Filippo Tommaso Marinetti, il simbolo del futurismo mostrato mentre declama “Zang Tumb Tumb”, con aria spiritata, nel salotto di Margherita Sarfatti. E a macchietta, alla fine, viene ridotto pure Gabriele D’Annunzio, impegnato nell’impresa di Fiume. Il Vate ha un po’ il ruolo di anti-Mussolini, quello che, dall’alto della sua gloria, lo riporta con i piedi per terra (con toni non particolarmente gentili). Ma lui stesso alla fine sembra più il vecchio svitato del paese piuttosto che uno dei più grandi poeti italiani...
LA STORIA
Detto tutto ciò, è strano rileggere il commento alla serie fatto domenica scorsa da Antonio Scurati. «Durante le lavorazioni», aveva detto lo scrittore, «ho detto “su questa strada non vi seguo”. Invece la strada era giusta. Evitare di dipingere Mussolini come un personaggio comico, mostrandolo in tutta la sua forza di seduzione, è un aspetto da cui mi sono sforzato di tenermi lontano nella scrittura del libro, perché non volevo generare nel lettore empatia nei confronti di Mussolini».
Ecco, per fortuna che volevano evirare di dipingere il capo del fascismo come un personaggio da barzelletta... L’altra cosa che salta all’occhio è la scelta di inserire qui e là un po’ di scene che sembrano fatte apposta per ammiccare al mondo degli antifascisti più impegnati. Subito all’inizio il Duce, alias Luca Marinelli, guardando in camera la butta lì: «Siamo ancora tra voi».
E sembra in qualche modo benedire la “caccia al fascista” che ancora oggi va tanto di moda a sinistra... O ancora: in queste prime puntate della serie gli unici fascisti citati sono sostanzialmente Cesare Rossi, Amerigo Dumini e Albino Volpi, cioè quelli poi coinvolti nell’inchiesta sulla morte di Giacomo Matteotti. Non erano proprio i personaggi più importanti all’interno del movimento, ma sicuramente sono i più adatti a fare la parte dei cattivi... E poi la visione del fascismo semplicemente come “braccio armato del capitalismo”. Mussolini e i suoi, in pratica, pagati e usati da uomini facoltosi per bastonare i socialisti e fermare la rivoluzione operaia. Una ricostruzione che storiograficamente appare un po’ datata, a dire la verità...
M-Il figlio del secolo? Ritmo, musica e sete di potere: fiction promossa
DEVASTATO
E infine, un’ultima annotazione. Guardando la fiction, ogni volta che la telecamera inquadra Mussolini/Marinelli la mente corre inevitabilmente alle parole dette dall’attore prima della messa in onda: «Interpretare Mussolini è stato emotivamente complesso. Da antifascista, il fatto di aver dovuto sospendere il giudizio per dieci ore al giorno (e per sette mesi) è stato devastante». Impossibile non cercare in ogni scena qualche segno di questa devastazione sul volto dell’attore. Dovevamo guardare Marinelli e vedere il Duce, è finita che guardavamo il Duce e vedevamo il Marinelli sofferente...