M-Il figlio del secolo? Ritmo, musica e sete di potere: fiction promossa
Tra Arancia meccanica e Jeeg Robot d’acciaio. Sesso, violenza e carnazza, direbbe Roberto Freak Antoni, il Vate (per restare in tema) del rock demenziale. Per essere l’appuntamento televisivo più atteso d’inizio 2025 M. - Il figlio del Secolo ha un po’ deluso più di uno spettatore. Le prime due puntate alternano momenti riusciti ad altri discutibili, e alla fine sui social, il termometro più fedele in questi casi, per Luca Marinelli è tutt'altro che un plebiscito. Bella beffa, visto che per interpretare il Duce si è quasi giocato l’amore della nonna fervente antifascista.
Però bisogna mettere a fuoco un punto: il regista britannico Joe Wright guarda più al mondo che all’Italia, pensando a un prodotto da esportazione. «Leggerino» e impreciso, ma per lunghi tratti godibile, dinamico, claustrofobico e cinetico come sanno essere le migliori fiction contemporanee. Rispetta la visione che oggi abbiamo degli Anni Venti: folli, ultra-violenti, avanguardisti, rivoluzionari nel bene e nel male, preveggenti. Un tourbillon a cui anche «M.» non si sottrae. Anzi. Il Duce-Marinelli guarda ai teppisti eleganti di Peaky Blinders nati a Birmingham ma allevati da vigorose azdore romagnole, si ispira alle manganellate nietzschiane dei balordi selvaggi di Kubrick (a differenza di Alex, sta ben lontano dalle risse e lascia che a menar mani e bastoni siano i suoi drughi in nero, restandosene seduto a mangiare), si gode una buona razione di primi piani, gigioneggia guardando in camera, parla e suggerisce agli spettatori, abbatte la quarta parete proprio come il Servillo-Andreotti di Sorrentino. Più Divo che Duce, più divertito che tormentato, alla faccia delle interviste disperate pre-debutto. E di questo in tanti gli chiedono conto. E su questo sfottono.
Chi si aspettava il Novecento di Bertolucci o le letture “sinistre” di un Bellocchio sarà rimasto di sasso. Qua ci sono semmai gli echi di House of Cards e di Game of Thrones, che di fatto parlano della stessa roba: la sete Venerdì sera sono andate in onda su Sky le prime due puntate della serie televisiva M.-Ilfiglio del secolo, con l’attore Luca Marinelli per la regia di John Wright. Il nostro sito Liberoquotidiano.it ha seguito in diretta le puntate, con i tweet di potere e di sesso, e di tutti i modi leciti e meno leciti per prenderseli (entrambi).
Quel dito medio plasticamente alzato dal Marinelli-Mussolini alla fine della seconda puntata al Re, a Giolitti, alla “putrida democrazia” romana e pure a noi spettatori è un gesto molto “catteliano”. Pop purissimo, appunto. Come sottolineava giustamente anche Luca Beatrice nella diretta online di Libero, nota d’encomio per le musiche, l'elettronica martellante di Tom Rowlands, geniale metà dei Chemical Brothers. Se in Peaky Blinders erano le chitarre urticanti di Nick Cave, Anna Calvi, Arctic Monkeys o PJ Harvey a scandire le scorribande dei protagonisti, qua giustamente il profilo è un po’ più sottotraccia ma non meno dirompente. È un frastuono futurista ad accompagnare le scene di sesso, la guerriglia tra “rossi” e “neri”, le confessioni del Benito “umano troppo umano” e di quello versione “superuomo”.
Marinelli ci mette del suo, a tratteggiare un aspirante dittatore ancora un po’ incerto. Di sinistra o di destra? Con o senza D’Annunzio? Partecipare o no al gioco democratico? Sudato, arrembante, a tratti comico, ossessionato dal sesso e dalle donne. Osannato da tutti (tormenti per il ruolo e per la nonna antifascista a parte), si conferma sì tra i tre attori più dotati della sua generazione ma qui a volte sbraca.
Vorrebbe risultare grottesco ed espressionista (come sanno esserlo regia e fotografia, quasi perfette), diventa però cialtronesco (anche se il sospetto che il Duce sia stato tratteggiato così volutamente: un cialtrone, appunto) e macchiettistico.
Non è un caso che su X una foto ricorrente sia quella di Ermanno Catenacci in camicina nera e bretelle, il nostalgico fascista straordinaria invenzione di Renzo Arbore e di quel genio sottodelle firme di Libero a commento della fiction. In media, le due puntate, hanno raccolto davanti alla tv circa 400mila telespettatori: c’è da sottolineare, però, che la fiction è in programmazione sulla piattaforma valutato di Giorgio Bracardi. «Bracardi 11 Marinelli 0. Cappotto», scrive un utente trasformatosi per l’occasione in ultrà. Esagerato? Forse, ma coglie un po’ l’anima della questione. Anche per questo, però, l’M. di Wright e degli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino (diversamente da Antonio Scurati) vanno elogiati: sono riusciti a restare lontani dalla cronaca e dalla politica, almeno per ora, rifugiandosi nel fumettone marveliano.
Un punto debole, perché depotenzia il tutto. Ma anche la loro salvezza, perché evita che Il figlio del Se colo possa venire maciullato dalle inevitabili accuse incrociate. It's only fiction, but I like it.