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Richard Gere, frasa da Fabio Fazio: "Solo se non si chiude il cuore", ecco di cosa ha parlato

Salvatore Dama
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La star ideale in caso di condanna. Ma così no, finisce la poesia. E Richard Gere, ospite a Che tempo che fa è “costretto” a parlare solo del suo nuovo film Oh, Canada - I tradimenti”e dei cinquant’anni di carriera da attore. Ma Gere, che siede nel salotto di Fabio Fazio, sarebbe anche un attivista per i diritti umani. E sì, si era speso per la storia della Open Arms, tanto da essere chiamato come testimone nel processo contro Salvini.

Ma con l’assoluzione del leader leghista, la tesi dell’ex ministro “brutto e cattivo” si smoscia. Così, che noia, si finisce a parlare solo di cinema. O quasi. «Possiamo trovare una soluzione ai problemi, se non si chiude il cuore», dice Gere mentre vengono proiettate le sue foto a bordo della Open Arms, «ci vuole compassione». Tutto qui. Fazio, almeno, trova consolazione con un dibattito su Salvini a senso unico e senza contraddittorio, che va in onda prima dell’ingresso dell’attore.

 

 


Comunque quello che Richard doveva dire su Salvini, l’aveva già detto. Al processo non c’è andato («Non è facile arrivare a Palermo»), perché era impegnato su un set cinematografico.

All’epoca, ai giudici siciliani, aveva proposto una testimonianza scritta, ma non era stata accettata. Così si era limitato a qualche intervista televisiva: «Avevo sentito dell’approvazione di una legge crudele, avevo sentito della nave che non poteva entrare a Lampedusa, mi trovavo da amici in Italia e qualcosa aveva attirato la mia attenzione», questa la versione del protagonista di Pretty Woman. Un po’ generica, la percezione dei fatti dell’attore, per essere acquisita agli atti di un processo così delicato. Tant’è che quando uscì la notizia della convocazione in tribunale fece discutere non poco. Con corredo di polemiche tra la star e l’ex ministro, perché il secondo aveva invitato il primo a caricarsi un po’ di migranti sul suo volo privato per portarseli a casa.

 

 

 

Un altro orfano della condanna è Luca Casarini. Ex leader dei centri sociali che da qualche anno ha fondato con un gruppo di attivisti la ong Mediterranea, impegnata nei salvataggi in mare come Open Arms. Casarini l’altra sera aspettava di stappare una bottiglia di quello buono. Invece niente: «Un po’ ce lo aspettavamo», dice in un’intervista al Corriere del Veneto, «ma un po’ speravamo non tanto che arrivasse una condanna al carcere, ma che i giudici fossero “creativi”, cioè che infliggessero all’ex ministro dell’Interno una condanna simbolica, come 15 giorni di lavoro nelle navi che fanno salvataggio, e invece siamo al punto che ancora una volta non si riconosce la sofferenza delle persone che disperatamente cercano una vita migliore. Salvini vuole difendere i confini ma da chi? Da donne incinte e dai bambini?».

L’ex leader dei centri sociali non è soddisfatto del lavoro dei giudici: «Le 147 persone disperate non hanno diritto ad alcun risarcimento per aver passato 19 giorni in mare a pochi metri dalle nostre coste? Salvini potrà ritenersi assolto, ma non è solo questa la giustizia a cui deve rispondere, dovrà rispondere alla sua coscienza».

Casarini non ci sta. La sua ong continuerà a operare in mare portando migranti in Italia. Anzi, moltiplicherà le operazioni: «Noi andiamo avanti, ci sono sempre più persone che ci chiamano per affidarci le loro navi, ci dicono che il fatto non sussiste? Bene, noi mettiamo in mare ancora più barche. La nave Mare Jonio è in fermo tecnico perché deve fare una certificazione, ma le barche sono sempre di più...».

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