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Daniele Pecci, "Io scorretto come Oscar Wilde"

Daniele Priori
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La lezione di Wilde, a 125 anni dalla morte, è ancora attuale per non dire profetica ma i suoi eredi della comunità lgbtq+ schiavi del politically correct non hanno capito che l’esasperazione di un «doversi identificare a tutti i costi alla fine, anziché portare alla liberazione diventa in realtà una prigione» perché «la vera lotta alle discriminazioni si fa in maniera diversa». Daniele Pecci da stasera e fino al 22 dicembre al Teatro Parioli di Roma darà un saggio di tutto ciò con Divagazioni e delizie testo teatrale di John Gay, una produzione del Teatro Stabile d'Abruzzo.

L’opera nasce totalmente da scritti di Oscar Wilde. Un testo che Pecci , 54 anni 35 dei quali trascorsi in scena, ha tradotto, curandone anche la regia, e interpreterà in tutta Italia fino al prossimo marzo. L’attore è amatissimo per i suoi ruoli nelle grandi fiction (Il bello delle donne, Orgoglio, Cuori, Le indagini di Lolita Lobosco). Ha recitato con vari attori hollywoodiani. Curiosamente sia con Angelina Jolie sul set romano di The Tourist che con il padre dell’attrice, John Voight nel film per la tv Giovanni Paolo II.

Il teatro è la sua più grande passione. Però il suo portafortuna è stata la televisione. La considera croce e delizia?
«La tv è uno straordinario mezzo di divulgazione. Per me indubbiamente è stata fondamentale. Tutto quello che sto facendo in teatro le devo alla popolarità della televisione. Prima avevo fatto 12/13 annidi teatro senza potermi permettere i ruoli che interpreto ora. Quindi diciamo che la vivo come una sorta di megafono che aiuta anche a portare più gente a teatro». Lei è anche considerato un bello della tv. Che rapporto ha con la sua bellezza? «Nella sfera privata essere piacente anche dal punto di vista estetico rende sicuramente felici ma sul lavoro la bellezza di cui sono molto fiero è un’altra: l’armonia delle forme del corpo che mi garantisce il phisique du role, la capacità mimetica di risultare credibile tanto in una calzamaglia del ‘500 quanto in un’inquartata del ‘700, in abiti dell’800, del ‘900 o dei tempi di San Pietro. Pensi che come foto profilo su Facebook ho scelto un’immagine in cui ero nei panni di un personaggio quasi calvo. Una figura che ho amato per il trucco che era talmente bello e del quale posso dire di essere stato fiero».  
C’è stata una volta in cui il complimento di una donna l’ha messa in imbarazzo?
«Beh a parte che adesso ho 54 anni e avviene con una frequenza molto minore ma posso dire che sono sempre in imbarazzo perché i complimenti non si sa mai come prenderli, che faccia fare, che cosa dire. Puoi dire grazie, pur sapendo di non aver alcun merito».
Lei ha interpretato spesso ruoli gay, ora con Wilde ma anche con Ozpetek in Mine vaganti. Si riesce ancora a parlare liberamente di questa tematica o ci si è ingabbiati nel politicamente corretto?
«Trovo la tendenza del politically correct a voler riempire tutto forzatamente di elementi inclusivi un’idiozia di dimensioni incredibili. Se cominciamo a fare con gli algoritmi anche cose che aspirano ad essere di natura artistica, allora l’arte è assolutamente finita. Senza considerare che oggi, specie sui social, non si viene discriminati solo per la sessualità ma per mille altre questioni: il fisico, l’età, il titolo di studio. La sessualità tutto sommato è qualcosa che appartiene alla dimensione più privata ed è da sempre per sua stessa natura fluida. Oggi dovremmo solo far capire che ognuno è come è e dev’essere libero di essere se stesso senza ledere la libertà altrui». Inizia questa tournée a Roma, la sua città. Finiranno i cantieri per il Giubileo? «Spero di sì. Probabilmente non con i tempi prefissati ma Roma del resto è una città difficile. Non mi spiego semmai è come sia possibile che a Roma per vent’anni grazie a un miracolo di Gigi Proietti a Villa Borghese abbiamo avuto il Globe Theatre elisabettiano dove portare in scena le opere di Shakespeare, più bello di quelli che ci sono a Londra che oggi resta chiuso e, tra fondi Pnrr e altro, nessuno si preoccupa di rimetterlo apposto per i tanti spettatori anche stranieri che ogni sera d’estate lo frequentavano». 

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