Amadeus il "maranza" giustifica le rivolte degli immigrati
«Periferia». Una parola che di questi tempi è tornata di moda, soprattutto a sinistra, dopo le rivolte nel quartiere Corvetto di Milano per la morte del diciannovenne egiziano Ramy Elgaml.
Ma cosa è questa benedetta “periferia”? L’etimologia risale all'antico greco, perifero, «portare intorno, girare». Ecco, nella radice di questa parola c’è il “movimento” che può associarsi al concetto di scalata, di riscatto. Non per forza a quello di rivolta. Ma a quanto pare per qualcuno il sol fatto di vivere nell’orlo, nel contorno, nel bordo di un centro abitato è una giustificazione de facto della violenza, della ribellione.
RADICI PROFONDE
Non si possono interpretare in altro modo le parole di Amadeus che in un’intervista a Rolling Stone ha voluto dire la sua proprio sul Corvetto messo a ferro e fuoco da chi ha protestato in modo incivile per la morte di Ramy. Leggere per credere: «Come mi spiego la rabbia dei ragazzi? Questa è una società che li mette in grande difficoltà, e dove ci sono rabbia e frustrazione c’è chiaramente una protesta. Gli adulti si picchiano allo stadio per una partita di calcio e noi ci lamentiamo se un diciottenne in un quartiere periferico, magari disoccupato e con una famiglia disagiata, a sua volta disoccupata, fa qualcosa di assolutamente sbagliato e non giustificabile? La sua rabbia probabilmente ha radici più profonde rispetto a due che si picchiano allo stadio...».
Il paragone appare alquanto azzardato e scivoloso. Un conto sono le risse tra ultras (sbagliate pure quelle, eh), un conto sono le azioni di guerriglia in un quartiere dove insieme agli immigrati o italiani di seconda generazione vivono pensionati, mamme e bambini che nulla c’entrano con quanto accaduto a Ramy e che non hanno alcun diritto di ritrovarsi l'auto vandalizzata o i cassonetti in fiamme sotto casa. E qui Amadeus sdogana un concetto pericoloso: chi vive in periferia ha diritto a dar sfogo alla rabbia. «Esistono dei quartieri, delle zone e dei giovani che hanno un disagio e non hanno né futuro né presente. Bisognerebbe occuparsi un po’ più di loro prima di prima di accusarli di qualcosa dal nostro bell’appartamento. Tante volte le persone, e la politica in primis, si girano dall’altra parte», afferma.
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Insomma, la solita tecnica, un po’ di luoghi comuni, dito puntato verso la politica e nemmeno una parola di condanna su chi ha dato uno spettacolo indecoroso per le strade di Milano. Le cause della morte di Ramy saranno accertate, ci sono delle indagini in corso e la giustizia darà le risposte anche ai genitori del ragazzo. Il papà di Ramy che si è dissociato dalle violenze e dalle sommosse del Corvetto potrebbe dare qualche lezione anche al conduttore di Nove. Almeno sull’uso delle parole.
IL DISSENSO
Ma è lo stesso conduttore di Chissà chi è a fornire subito dopo la giusta strada su cui incanalare il dissenso, la «trap»: «È un fenomeno musicale che ha un grande successo tra i ragazzi. Non è paragonabile minimamente ad altri generi, tipo a quello che canta Bocelli, ma non puoi dire che non è musica ed emarginarla, negandole un palco importante e tenendola così nelle cantine, nei ghetti. La stessa cosa vale per il rap, è un modo per protestare contro qualcuno o qualcosa. E così deve rimanere».
Non è chiaro allora perché questa regola non debba essere valida per i ragazzi del Corvetto o per chi ha deciso di usare la morte di un ragazzo per dare il la a una rivolta. Ma occhio, Amadeus non è l'unico ad usare un certo linguaggio in questa storia che riguarda la «periferia».
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Anche Roberto Vecchioni ha dato una lettura dei fatti del Corvetto piuttosto discutibile mettendo anche in dubbio il modus operandi delle forze dell'ordine. In tv, nel salottino di Massimo Gramellini a In Altre parole, non ha esitato a pronunciare queste parole: «Questo di Milano è stato un fatto increscioso e spaventoso. Ognuno ha detto la sua. Fatto sta che sinceramente non si corre all’impazzata per le vie di Milano dietro due ragazzi in vespa. Questa è una cosa veramente fuori da tutte le possibili minori intelligenze che esistano perché gli si sta vicino e basta. È finita lì la situazione». Insomma chi non si ferma all'alt, questa la traduzione, non deve essere inseguito. Tutto in “periferia” è perdonato. E a dirlo spesso è chi in quel “bordo” che avvolge le nostre città non ci mette piede da parecchio tempo. O forse non ce l’ha mai messo.