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Gigi Marzullo, la sfida: "Voglio Donald Trump e Giorgia Meloni"

Daniele Priori
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Trent’anni Sottovoce nelle notti degli italiani. Quasi quaranta alla Rai e la speranza di «morire il più tardi possibile lavorando». Gigi Marzullo celebra alla sua maniera, con un entusiasmo soffuso, quasi notturno, il suo terzo decennale alla guida della trasmissione divenuta il simbolo della notte di RaiUno. Irpino doc, volto di riferimento ormai per più generazioni che ha insegnato agli italiani come i sogni possono aiutare a vivere meglio.

Si è mai sentito il re delle notti di Mamma Rai? 
«Io non sono un re. Anzi i titoli dire e principi li lascio ad altri. Io mi sono sempre sentito e credo di essere un operaio»
Fare la tv di notte è stata una sua scelta o gliel’hanno proposto?
«È stata una scelta. Prima di noi, di notte, la televisione non c’era. Così, con Mezzanotte e dintorni nei primi tempi e poi, da trent’anni a questa parte, con Sottovoce abbiamo iniziato un lavoro che spero possa continuare a lungo».
Avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato un cult? 
«No, non l’avrei mai immaginato. Sa, quando si comincia qualcosa non si sa il viaggio dove ti possa portare. Sicuramente ho fatto quello che ho sentito dentro di me e in questo appuntamento ho messo tutto quello che potevo. Mi sono trovato a passare più ore a viale Mazzini e via Teulada che a casa mia ma di questo sono contento».
L’identikit dello spettatore tipo di Sottovoce?  
«Sicuramente spettatori fissi sono le persone che soffrono d’insonnia ma ci sono anche molti giovani che tornano a casa. Mi fa particolarmente piacere quando trovo persone di 40-45 anni che mi dicono di essere cresciute con me. Il che mi fa anche pensare al fatto che ormai ho una certa età...».
Senta ma le sue celeberrime domande, è proprio il caso di dirlo, le pensa la notte? 
«No, non c’è un orario particolare della giornata. Mi vengono sempre. Mi capita talvolta di prendere spunto da qualcosa che vedo al cinema».
Tra le sue conoscenze giovanili ricorda con piacere un altro grande irpino, Ciriaco De Mita. 
«Sì. Mio papà faceva politica con lui, quindi io l’ho conosciuto da quando ero piccolo ed è stato per me una sorta di guida ma una guida umana più che politica al punto che nel 2018, da sindaco di Nusco, ha celebrato il mio matrimonio. Da tutti era considerato una persona di alto livello politico, io l’ho sempre visto prima di tutto come un uomo di grande spessore umano».
Famoso per il suo eloquio un po’ complesso. Allora è un vizio di voi irpini... 
«È importante come ci si esprime ma ciò che conta di più è farsi capire e io credo che noi irpini sappiamo come farci capire».
Lei è laureato in Medicina per volere di sua madre. 
«Sì è vero e sono pure abilitato. Mi sono laureato a 40 anni perché mia madre lo voleva a tal punto che ha pagato ogni anno le tasse e mi costringeva a fare ogni tanto un esame per non far scadere tutti quelli dati in precedenza. Ha pagato non so quanti soldi. Però ho ancora negli occhi l’emozione di mio padre e mia madre quando mi sono laureato. Poi non ho mai esercitato ma ho fatto il tirocinio in ospedale. Se fossi andato avanti mi sarebbe piaciuto diventare psichiatra”.
L’ospite che ha amato? 
«Tanti. Glenn Ford che è stato uno dei primi. Woody Allen, Sofia Loren, Fanny Ardant, Dustin Hoffman».
Quello che vorrebbe raggiungere? 
«Mi piacerebbe tanto avere il Papa. Ma anche Trump, Clinton, Macron, la Meloni ma anche la Schlein».

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