Nanni Moretti, gelo sul palco per Berlinguer. "Voi lo avreste odiato"
Non si sa se a dividere di più la sinistra oggi sia Elly Schlein o Enrico Berlinguer. O meglio, il ricordo che il Pd ha del mitico ultimo vero leader del Partito comunista. A rampognare i progressisti e gli osannati protagonisti del film La grande ambizione, che rievoca la memoria del grande sardo (nonché padre di Bianca Berlinguer) è Nanni Moretti. Vale a dire il regista-simbolo dei radical chic, già agitatore del popolo viola che anticipò di qualche anno la nascita dello stesso Partito democratico.
"Se Andrea Segre ed Elio Germano avessero avuto vent'anni nel '73, avrebbero odiato il compromesso storico", sottolineava sabato sera Nanni sabato sera dal palco del suo cinema Nuovo Sacher. Su quel palco c'erano proprio il regista, Segre, e il protagonista, Germano, forse l'attore più politicamente esposto (a sinistra, ça va sans dire) dell'attuale panorama cinematografico italiano. Quasi un novello Gianmaria Volontà.
D'altronde, il film è proprio un affresco di quegli anni drammatici in cui Berlinguer, capendo il cul de sac del comunismo sovietico, teorizzò l'euro-comunismo, una via italiana al marxismo-leninismo, che portò tra mille tribolazione e contestazioni a un avvicinamento alla Democrazia cristiana di Aldo Moro nel nome della lotta comune al terrorismo degli Anni di Piombo. Come andò a finire, con l'esecuzione di Moro a opera delle Brigate Rosse, è tristemente noto.
"Ci fa piacere che il film faccia discutere - hanno risposto Segre e Germano -, non voleva essere incensamento o mitizzazione di nessuno. L'ambizione era interrogare il presente, entrare in critica con la vita che facciamo. Da quel punto di vista è un film extraparlamentare". In ogni caso, a sinistra quando si guarda al proprio passato c'è sempre una punta di imbarazzo.