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Alessandro Preziosi, "ma quale fascismo?": tutto da godere, come zittisce la sinistra

Daniele Priori
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Alessandro Preziosi torna alla regia cinematografica portando direttamente dal teatro shakespeariano di cui è campione assoluto in Italia. Aspettando Re Lear è il documentario presentato in anteprima ieri alla Festa del Cinema di Roma. Si tratta della seconda esperienza da regista sul grande schermo per il regista di origini campane. La prima risale a quattro anni fa con un altro docu, intitolato La legge del terremoto. Proprio Re Lear è il personaggio nel quale al momento l’attore ha detto di identificarsi di più. Preziosi, nelle sue prime due occasioni da regista per il cinema ha scelto il documentario.

Cosa ama di questo formato?
«Attraverso il documentario si può riscrivere in maniera più analitica e ordinata la raccolta di immagini. Tutto sembra riprendere corpo in maniera assolutamente originale, rafforzando quella che è l’idea di base che nel mio caso era la volontà di concentrarmi principalmente sul rapporto padre-figlio».

Di Aspettando Re Lear ha detto: non fate analogie troppo scontate con Aspettando Godot. Cosa c’è da aspettarsi?
«L’attesa contemporanea è meno nichilista e asettica. È meno metateatrale. Prima di diventare re, Lear deve diventare uomo e padre. È un’attesa più antropologica e concreta. Più umana».

 

 

 

Nell’incontro tra il teatro di Shakespeare e l’arte di Pistoletto lei in particolare dove si colloca?
«Sicuramente nel mio mondo che è quello di Shakespeare che però è sempre stato stimolato dall’arte. La messa in scena di certe suggestioni è sempre nata per me nella Galleria d’Arte Moderna di Roma. Le parole di Shakespeare diventano un moltiplicatore della contemporaneità degli Oggetti in meno di Pistoletto. Il dialogo nasce esattamente da lì».

Lei, Alessandro, restando ai suoi personaggi teatrali più amati, si sente più Re Lear, Cyrano o Don Giovanni?
«Si tratta di tutte opere che approfondiscono il mistero dell’uomo e ognuna di esse è legata a una parte della mia vita. Ad oggi mi sento molto vicino proprio a Re Lear perché mi da modo di sentirmi meno solo come padre”.

Nel 2009 ha recitato nel film Il sangue dei vinti, la Resistenza vista dall’altra parte. Quest’anno alla Camera ha letto l’ultimo discorso di Matteotti. Ha ancora senso la contrapposizione fascismo-antifascismo secondo lei?
«Credo che il problema sia squisitamente legato all’informazione che si fa. Io sono per la libertà di espressione ma penso che parlare ancora di fascismo sia assurdo e l’ho capito proprio leggendo le parole di Matteotti alla Camera. C’erano componenti, come dimostra l’omicidio Matteotti, che oggi sarebbero impensabili in Italia. Ma lo dico per il fatto che parliamo di cose mai più accadute e questo basta a ritenere il fascismo un periodo storico che va analizzato, capito e mai più ripetuto».

Lei ha due figli, uno quasi 30enne, l’altra 18enne. Come vive l’amore paterno?
«Il primo è nato quando io ero ancora figlio e facevo fatica pure ad essere figlio, figurarsi come potevo fare padre... È stata un’ esperienza molto formativa nella quale il coraggio ha chiamato coraggio. Con la seconda ho vissuto una paternità più matura, più presente, più consapevole e attenta».

 

 

 

Il suo cuore è impegnato?
«Sono fortunatamente fidanzato».

Un grande regista italiano e uno internazionale con cui le piacerebbe lavorare?
«Italiano è Marco Bellocchio con cui sto lavorando alla serie Portobello che uscirà il prossimo anno. Internazionale è Christopher Nolan, ma purtroppo non ho ancora un appuntamento da dare con lui...».

 

 

 

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