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Hanno ucciso l'uomo ragno, la serie sugli 883 è bella come loro: 8 puntate che volano via

Fabrizio Biasin
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Se ancora non ve ne foste accorti, ve lo diciamo noi: sta arrivando una serie sugli 883. Il battage pubblicitario è stato inspiegabilmente impercettibile e vai a capire perché. Non è vero, tra un po’ ti mandavano Claudio Cecchetto sotto casa, ma il motivo è nobile: ci tengono a farti ingoiare cucchiaiate di malinconia Anni 90. Ah, che meraviglia. L’ambaradan esce venerdì e va in onda su Sky, trattasi di otto puntate veloci-veloci firmate Sydney Sibilia (Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, Mixed by Erry) che hanno l’ambizione di farti tornare indietro nel tempo per rivivere la storia (in parte romanzata, ci mancherebbe) di’sti due sfigatelli che alla fine sono tutto tranne che sfigatelli.

Bene, partiamo dalla fine, ovvero dalla domanda che dovrebbe sempre indirizzare ogni nostra scelta prima di pigiare “play”: ne vale la pena? Sì, ne vale la pena. E questo sia che siate cresciuti a Pane & Uomo Ragno o abbiate soltanto sfiorato gli anni delle immense compagnie. C’è dentro tutto: il romanticismo, l’ambizione, il Game Boy, Maria De Filippi, il due di picche, l’era pre-telefonino, Non è la Rai, la musica dance, il sentirsi sempre inadeguati e alla periferia del mondo, il successo inaspettato, l’Aquafan quando l’Aquafan era l’Aquafan, Marco Masini e “Percheeeé lo faaai”, Alessandro Canino e “Bruuutta, ti guardi e ti vedi bruttaaaa”, il liceo, l’amicizia, le liti, l’adolescenza, gli ormoni grossi come nocciole, le feste a cui non sei invitato, l’agghiacciante abbigliamento post Anni 80, ché i jeans a vita alta erano già fuori moda ma non avevi i soldi per comprane di nuovi e quindi facevi ridere, il passaggio all’età adulta del tipo che un bel giorno devi decidere chemminchia fare della tua vita, l’Everest della gioia e la Fossa delle Marianne di un agosto passato in solitaria all’ombra della Certosa.

Hanno Ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 è una spremuta di emozioni, un viaggio dantesco nel passaggio tra analogico e digitale, con Max Pezzali e Mauro Repetto improbabili Caronte lungo l’Acheronte lombardo (leggi Po). E Pezzali e Repetto hanno i volti di Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli, due giovani attori la cui responsabilità era grandissima: potevano trasformare questo racconto in una puttanata caricaturale e, invece, alla fine ci siamo ritrovati a pensare che, oh, ce li immaginavamo proprio così. E Nuzzolo mantiene i tic, la timidezza, le buone maniere, la modestia mista all’ambizione dell’originale. E Giuggioli è Repetto come abbiamo sempre sperato che fosse Repetto: visionario, sopra le righe, ironico, geniale, metà perfetta del miracolo (non solo) musicale.

CON UN DECA
La vicenda di questa prima stagione (e speriamo che ce ne sia quantomeno una seconda) è semplice come loro: Max e Mauro si incontrano sui banchi di scuola e si capiscono subito. A entrambi manca “un pezzo”, insieme si completano. Vivono l’ambizione di chiunque cresca in provincia, quella di emergere, raggiungere Hollywood o quantomeno Milano Ovest, ma “con un deca non si può andar via” e allora serve il colpo di genio. La musica è il mezzo, ma come si fa a “fare musica”? Loro mica lo sanno. Serve una spinta che ha il volto angelicato di Silvia (Ludovica Barbarito). Max perde la brocca, lei gli chiede una canzone e lo trasforma nell’amico migliore, lui le promette un brano e fa niente se non sa suonare nemmeno il piffero, se davvero vuoi una cosa puoi trasformarti anche in Bob Dylan. 

La tavernetta di casa Pezzali diventa laboratorio sperimentale, Max e Mauro mettono insieme strumenti rabberciati e strofe improvvisate. “L’angelicata”, di Max, se ne fotte abbastanza, ma le rime prendono forma lo stesso e si trasformano in occasione: i due a bordo di un fiorino griffato “Fiori Pezzali” (il negozio del padre) si ritrovano a Radio Deejay ed entrano nell’universo Cecchetto, geniale e stralunato burattinaio della musica e delle tendenze Anni 90.  Jovanotti sta diventando Lorenzo, Rosario sta diventando Fiorello, Albertino e Fargetta sono già Albertino e Fargetta, Max e Mauro, spinti dal migliore amico di Max, Cisco (Davide Calgaro) ci provano e lanciano Non me la menare, Con un deca, fino al capolavoro Hanno Ucciso l’Uomo Ragno.

Ultimi appunti: complimenti a Sydney Sibilia e alla sua squadra, bravi davvero a tradurre “quel” miracolo in “questa” serie. E grazie a Max e Mauro, quelli veri. Perché la storia degli sconosciuti che “ce la fanno” è tutto tranne che inedita, ma il miracolo di due che hanno saputo tenere i piedi per terra nonostante il successo e sono stati capaci di dirsi addio nel totale rispetto reciproco, è una roba che è impossibile non volergli bene. E allora, all’ultima riga di questo articolo, non possiamo non provarci: Max, Mauro, tornate a fare qualcosa insieme. Se c’è qualcuno in grando di trasformare un “ritorno” in qualcosa di epico, beh, quelli siete voi.

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