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Serena Bortone scivola sull'antifascismo da Formigli

Francesco Storace
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Stavolta le faccine tanto rimproverate alla premier sono di Serena Bortone. Che finge indignazione ridendo stupefatta – in una scena da Oscar per la comicità triste – a chi le dice che non ha senso parlare di antifascismo. E per una che voleva incassare i soldi della schedina grazie a Scurati è indicibile. Scena della commedia, Piazza Pulita di Corrado Formigli, dove va in onda la rubrica settimanale Giorgia e le sue camerate. Ogni volta il giornalista di La7 si esibisce in qualcosa da urlare dal piccolo schermo. Talvolta riesce nel suo obiettivo, come quando pizzicai giovani di destra colpevoli di fascismo nascosto invece di occupare case, spacciare droga, imbrattare monumenti, bloccare tangenziali stradali o picchiare gli avversari politici in Ungheria.

Ebbene, l’altra sera, Formigli ha incrociato la Bortone con Daniele Scalea, presidente del circolo Machiavelli, che probabilmente di storia se ne intende più della giornalista-martire della Rai.Un premio speciale a chi indovina l’argomento senza aver visto il programma (sai Corrado, giocava la Roma...). Ve lo sveliamo noi: la Meloni non si dichiara antifascista e Formigli chiede il perché a Scalea e a Serena nostra, gagliarda e tosta. Ma non sarà grave questa roba? Ribatte Scalea: «Io vado in controtendenza e penso che non sia grave, soprattutto perché in questa epoca storica, in cui è passato molto tempo dal fascismo storico, l'antifascismo in assenza di fascismo ha avuto uno slittamento semantico. Oggi l'antifascismo non si riferisce più all'opposizione alla dittatura che effettivamente c'è stata storicamente, quanto a un insieme di valori e proposizioni che afferiscono di più ad una precisa parte politica, che è quella di sinistra».  Insomma, usano la gravissima colpa in contumacia.

 



Alla Bortone non sembra vero, sale sulla nuvola rossa ed esplode. Allarga la bocca per fingere una risata abbastanza isterica e sbotta malamente: «Ma perché? Ma non è vero, non è vero, non è così!». Scalea controbatte: «Oggi non c'è il fascismo, non vedo movimenti fascisti che minacciano la democrazia in Italia». La Bortone avrebbe fatto meglio a chiedersi perché stava lì; pure La7 come TeleMeloni, si sarà detta mentre osservava il suo interlocutore. Ed eccola, imperiosa, pronunciare solennemente che l’antifascismo è però «un valore storico su cui si fonda la nostra costituzione e il nostro essere cittadini italiani. Io sono una fiera cittadina italiana e proprio per questo sono antifascista». Chi non lo è deve rivolgersi all’ufficio stranieri? Dov’è il fascismo, dottoressa Bortone? Chi lo sta ricostituendo, visto che è quello l’unico limite previsto nella nostra Carta? In realtà, questo tipo di antifascismo – che costringe ad un’umiliante risposta la Bortone arroccata su un «non è vero» che non significa proprio nulla – sembra una malattia, è un’ossessione da cui non riescono a liberarsi e che ripropongono ogni giovedì sera. Come una rubrica televisiva, appunto, ma senza alcun senso. Viviamo in una democrazia in cui il popolo manda al governo della Nazione come delle regioni e delle città chi vuole, chi preferisce senza che nessuno debba spiegargli che cosa è meglio e che cosa è peggio. Probabilmente i cittadini sanno capire da soli qual è la scelta più giusta e non c’è bisogno della faziosità di Formigli come della Bortone per indirizzarli verso il sol dell’avvenire. Che è tramontato da un pezzo assieme ai suoi campioni d’archivio. Un solo consiglio, anche se non richiesto: quelle figure in tv risparmiatevele, il popolo ha smesso da tempo di credere alle balle.

 

 

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