Elodie, Don Backy e valanga: "Vediamo se è capace. Quelle sul palco in mutande..."
Non le manda a dire né a Celentano né a Elodie il grande Don Backy, pseudonimo di Aldo Caponi, cantautore, attore, scrittore e fumettista italiano. Autore di canzoni che sono state registrate in diverse lingue e da un gran numero di artisti di successo come Mina, Adriano Celentano, Il Volo, Johnny Dorelli, Milva, Gianna Nannini e molti altri. Si è confessato in un’intervista a Maria Francesca Troisi per Mow Magazine e non ha avuto filtri.
Intanto l’amicizia, poi finita, con Celentano: "I conti non tornavano. Si vendevano i dischi, ma le cifre delle vendite risultavano più basse di quelle effettive. Gli attriti sono partiti da lì, ma si sono acuiti con il matrimonio. Dopo essersi sposato, Adriano non era più lo stesso, non si faceva più vedere. Non piacevo alla moglie (Claudia Mori, ndr), perché tifavo apertamente per la sua ex, Milena Cantù. Simpatica, alla mano, una vera compagnona. Quando Adriano l'ha mollata, mi è dispiaciuto. Claudia questo lo sapeva e non mi sopportava. Alla fine, tra i dischi non pagati e il matrimonio, la rottura è stata inevitabile. Ogni volta che vado a fare un concerto, c’è sempre qualcuno che mi chiede: e Adriano? Ma io gli ho lanciato tanti segnali. Ora basta. Se non vuole metterci una pietra sopra, anche adesso che abbiamo più di 80 anni...".
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Poi l’affondo sulle nuove leve della musica italiana e, soprattutto, su Elodie: "Alcuni non li considero neanche cantanti, mi spiace. E poi ci sono quelli che salgono sul palco in mutande.... Elodie? Non è l'unica. A lei farei cantare Sognando, il brano che ho scritto per Mina. Vediamo se è capace".
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Anche Teo Teocoli e Al Bano non sono esenti da frecciate pesanti: "Nel clan di Celentano eravamo in quattro: io, Adriano, Ricky Gianco e Guidone. Oggi leggo di gente che si vanta di essere stata nel Clan, tipo Teo Teocoli, ma non è così. Alcuni hanno solo inciso per l'etichetta, punto. Non mi faccia dire altro…. Teocoli ha vissuto sulle mie spalle per due o tre anni. Pranzi, cene, pagavo sempre io. Una notte, parliamo del '64/65, si presentò a casa mia e mi chiese 250.000 lire, perché aveva fuso il motore della macchina a Parigi e doveva farla tornare in treno. Ovviamente, non aveva un soldo. Al Bano? Ma per favore! C’entra come i cavoli a merenda. Non ha mai inciso nulla sotto l’etichetta del Clan. Faceva solo parte della scuderia di artisti per cui la produzione spettacoli del Clan organizzava serate. Tutto qui. Adesso gli fa comodo farsi pubblicità in questo modo, ma la verità è un’altra".