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Ornella Vanoni su Berlusconi e Schlein manda ai matti la sinistra

Francesco Specchia
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«Ho sbagliato tante volte ormai che lo so già. Che oggi quasi certamente/ Sto sbagliando su di te. Ma una volta in più che cosa può cambiare/ Nella vita mia...». Mentre scorre la lussureggiante intervista a Ornella Vanoni sul Corriere della sera, pare quasi risuonare in sottofondo una delle sue hit, L’appuntamento memorabile pezzo di Bruno Lauzi, a cui appiccicare tutte le metafore della vita.

La notizia nelle prime righe: qui parliamo di Vanoni che promuove Giorgia Meloni e boccia Elly Schlein. Tutto in un botta- e-risposta sincopato, a riempiere due paginone, e attraversando la storia d’Italia. E qui subito te la visualizzi, l’Ornella, a 90 anni –diciamo un po’ agé-, oceanica nella verve, ancora sciccosa ai limiti dello snobismo, mentre sgrana la sua biografia al confessore Aldo Cazzullo. Te la vedi, l’Ornella che sgasa.

Una gentildonna col senso della battuta che, all’improvviso, abbandona il racconto della famiglia, della cocaina di Strehler della Milano «avvolta in una cappa giallognola»,di Pasolini, della riconciliazione col figlio; e che svolta sulla politica. Cazzullo le chiede, ad un tratto: «La Meloni come la trova?», e l’Ornella senza scomporsi, risponde: «Piccola. Carina. Preparata: fa politica con la Fiamma da quando era ragazza». Altra domanda a grappolo, inevitabile. E la Schlein? Risposta della cantante: «Non è preparata, e mi dispiace. A sinistra non avevano una donna con più corpo, più sapienza, più cultura politica? La sinistra ce l’ha messa tutta a far votare la destra. Si sono davvero applicati».

 

 

 

Bang! Una fucilata a bruciapelo nel cuore già malconcio del centrosinistra sfiatato sulla leggenda del “campo largo”. Meloni è preparata, Schlein no. È, oserei, un pensiero politico cristallino, detto con lo slancio di quando l’Ornella cantava la Bossa Nova con Vinicius de Moraes.

Certo –specifica lei- «Meloni non è riuscita a crearsi una squadra di livello. Quando ho sentito che volevano prendersi pure la Scala e il Piccolo, con il figlio di La Russa, ero pronta a sdraiarmi davanti all’ingresso, in pieno inverno». Certo, l’Ornella emblema eterno della rive gauche milanese, confinata tra la cerchia dei Navigli e la Ztl, be’ non è che qui sia diventata fascia d’emblée. Però. Però a sinistra restano spiazzati, fingono di non aver inteso. Continua Cazzullo: «E Berlusconi?». Risposta: «Stavo pensando proprio a lui. Aleggia sempre nell’aria. È un morto vivo». L’ha conosciuto bene? «La prima volta venne a cena dal mio compagno di allora, che lavorava alla Rothschild. Berlusconi era solo un imprenditore, aveva una simpatia immediata. Poi andai a lavorare a Mediaset, ma non mi piacevano gli sketch che avevano preparato.
Lui mi convocò: “Chi non fa i miei sketch, non lavora per me”. Ma non erano mica suoi, erano degli autori! Per lui però era la stessa cosa».

 

 

 

Certo, non sarà Anna Kuliscioff a fine ottocento “il miglior cervello politico del socialismo italiano”; e i fidanzati Gino Paoli e Strehler non avranno la stazza di Filippo Turati; ma, insomma, l’Ornella Vanoni che discetta di politica esala un fascino invincibile. Hanno sempre cercato d’incasellarla nelle terrazze modello Ettore Scola: per il suo attico in Brera hanno evocato perfino quello radical chic di Leo Bernstein nella Manhattan negli anni 70. Perle sue battaglie femministe e la sua intensa attività sessual-sentimentale hanno richiamato Susan Sontag e le femministe dell’ «utero- è mio- elo- gestisco io», e tutto l’armamentario del suffragismo militante. Eppure l’Ornella, in politica, è sempre stata un’anarcoide.

Tre anni fa, in un Otto e mezzo su La7, deglutendo un bicchier d’acqua come fosse cachaça brasileira, l’Ornella aveva evocato il suo vecchio, puro, aritmico cuore socialista: «Mi sono occupata di politica quando ero innamorata di Nenni, che era un personaggio stupendo, che giocava a bocce. Come idea sono sempre socialista, poi venne Craxi». E a Lilli Gruber che le chiedeva se ce ne fosse altri come Nenni o Craxi, lei ribatteva: «Se c’è oggi uno di sinistra moderato? Non so...», ma negli occhi, diciamo, non le saettavano entusiasmi. Gruber insisteva: «Secondo lei, Salvini (ora l’epoca del Covid, ndr) sta nella maggioranza di governo o sta all’opposizione?» E l’Ornella: «Di politica non voglio parlare, perché la nostra politica è il gioco dell’oca, si comincia da una parte per tornare al punto di partenza, è un casino». La politica è un casino.

Per questo Ornella s’è permessa sempre il lusso di poter cambiare, ogni volta che tentavano d’inquadrarla. Per esempio, alle elezioni del 2018 dichiarò di non avere dubbi a votare Emma Bonino: «La Bonino è stata il miglior ministro degli Esteri, una donna radicale, che si è sempre battuta. Tre cose per certo dobbiamo ai radicali: l'aborto, il divorzio e il testamento biologico. Hanno lottato loro per queste tre cose concrete. Gli altri cosa hanno fatto di concreto non saprei dire».

Non seppero dire neanche dalla parti del Nazareno, che già aveva dei problemi ci suoi transfughi interni. Naturalmente i compagni più rossi ssu quell’endorsement divennero paonazzi, e dai social la criticarono con furia: «La Bonino, quella che sta con Tabacci e porterà voti ai renziani...i responsabili del massacro dei diritti dei lavoratori, della legge Fornero, dei miliardi regalati ai banchieri delinquenti, della Tav, e dei petrolieri. Quelli che hanno fatto alleanze con Alfano e Verdini, e che a marzo andranno al governo col condannato. Bella roba. Complimenti. Cantare e basta no, eh?».

 

 

 

Be’, no. L’Ornella è così: irrefrenabile, infiammabile: lapilli d’intelligenza controcorrente. Prendere o lasciare. Due anni dopo intonò, sempre per Gruber, una canzone, in diretta: «E non mi son servite a niente/esperienze e delusioni e se ho promesso non lo faccio più/ Ho sempre detto in ultimo ho perso ancora ma/domani è un altro giorno/ si vedrà!». Era Domani è un altro giorno, cover del brano della cantante statunitense Tammy Wynette dal titolo The Wonders You Perform: dedicato al premier Mario Draghi, qui amabilmente trattato come Rossella O’Hara.

Beninteso, la stessa Ornella, quattro anni prima, aveva detto della Lega «La politica che ci gestisce oggi è il razzismo e si punta tutto su quello. E Salvini piace perché è l’uomo forte, il macho». E, beninteso, un anno dopo, sempre la cantate si era profusa, in barba all’età, in un marcia antirazzista pe le strade del centro: «L’ha organizzata il sindaco Sala ma la mia è stata una discesa in campo apolitica, poteva esserci destra o sinistra, sopra o sotto, io avrei partecipato comunque perché è sacrosanto», affermò alloea. Oggi l’intervista al Corriere è interessante anche per il cotè privato dell’artista. C’è l”Ornella che sostiene l’eutanasia: «Capirò quando sarà il momento di andarmene, quando sarò inutile alla vita e la vita sarà inutile a me. Non voglio fare come mia zia, che ha vissuto fino a 107 anni: un tormento. Si trova sempre un modo per decidere quando e come andare via.

Se non c’è, lo si inventa». C’è l’Ornella, laica, sedotta dal carisma del cardinal Martini. C’è l’Ornella che non crede in Dio ma prega Gesù e vede la Bibbia come fantascienza. C’è l’Ornella che non vuole andare all’inferno per via della pressione bassa, e vorrebbe che il Comune di Milano le dedicasse almeno un’aiuola. Ma da viva. E tornano a scorrere, sotto, le note dell’Appuntamento che, come il talento, si sposta sempre più in là...

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