Venezia rossa, Nanni Moretti e Almodovar fanno propaganda alla Mostra del Cinema
Vermiglio è una tonalità del rosso che resta, come da tradizione, il colore dominante a Venezia. Ed è proprio il Gran Premio della Giuria a sorprenderci, assegnato al film di Maura Delpero e a salvare la barca del cinema italiano. Una pellicola comunque interessante, certo la più originale tra le proposte nazionali, pur nel solito difetto o forse abitudine di guardare sempre al passato.
Secondo le previsioni gli altri premi principali. Leone d’oro a Pedro Almodovar per The Room Next Door, perché quando hai due attrici superlative come Julianne Moore e Tilda Swinton giochi abbastanza facile, anche se nelle quasi due ore si sbadiglia e il tema dell’eutanasia è colto da un unico punto di vista, superando le complicazioni etico-morali che sottendono certi drammi.
Meritatissima la Coppa Volpi interpretazione maschile a Vincent Lindon per Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Coulin, interpretazione grandiosa di un padre vedovo che non accetta la scelta radicale di uno dei due figli verso l’estrema destra. L’attore tiene su il film pressoché da solo e nonostante i preconcetti espressi dalle due registe “macroniane” e antilepeniste si può parlare di riconoscimento meritato.
Battendo concorrenti molto accreditate, le dive c’erano davvero tutte quest’anno, ha vinto Nicole Kidman in un film di cassetta come Babygirl, unico premio non impegnato di una giuria molto seriosa presieduta da Isabelle Huppert che ha privilegiato film politici. L’attrice australiana però è dovuta ritornare a casa a causa della morte della madre e il premio è stato ritirato dalla regista Halina Reijin.
TUTTI I RICONOSCIMENTI
Solo, si fa per dire, il Leone d’argento per la miglior regia a The Brutalist di Brady Corbet, che quasi tutti nei corridoi davano per favorito, 3 ore e mezza che scorrono via sulla storia dell’architetto ebreo Laszlo Toth, fondatore del movimento brutalista dopo essere fuggito alle persecuzioni naziste. Tra gli innumerevoli, davvero troppi premi secondari, si segnala il riconoscimento intitolato a Marcello Mastroianni per il miglior attore emergente a Paul Kircher in Leurs enfants après eux tratto dal romanzo di Nicolas Mathieu e al giovane italiano Francesco Gheghi premiato nella sezione Orizzonti per il suo ruolo in Familia.
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Dal cilindro ecco spuntare l’immarcescibile Nanni Moretti che sala sul palco a ritirare il premio per il restauro di Ecce Bombo. Camiciotto improbabile a maniche corte in un contesto dove vige l’abito nero, ma l’etichetta non è di sinistra, il vecchio Nanni ne ha approfittato per prendersela con la nuova legge sul cinema e dare la stura a una serie di comizietti che a un certo punto sembrava non finire mai. Altro che arcobaleno, il cinema è rimasto potentemente rosso. Colpa, anche, delle cerimonie così come sono organizzate: lunghe, strazianti e conformiste. Purtroppo la gente con un microfono in mano diventa logorroica, intrattenendoci anzi ammorbandoci su due questioni di cui non ci frega nulla, i ringraziamenti e le loro posizioni politiche, peraltro tutte uguali. Produttori, registi, attori, montatori, maestranze, amici, parenti, figli, defunti, la lista dei ringraziamenti è infinita, vabbè concediamo loro questo momento di condivisione felice. In quanto alla politica, dopo lo spot antigovernativo di Moretti, inevitabili due siparietti su Gaza, qualche tirata sui diritti delle donne (Depero sottolinea come sia difficile fare un film con i figli a casa) e sull’eguaglianza sociale. Sembrava il Festival di Sanremo.
In ogni caso, Venezia 81 si chiude con ottimi risultati di pubblico e con la strana sensazione che in dieci giorni siano cambiate tante cose. Alla cerimonia di apertura, il 28 agosto, era presente Gennaro Sangiuliano, quasi alla chetichella, prima della tempesta che lo ha travolto. Ieri sera in sala, accanto a Pietrangelo Buttafuoco, il neoministro Alessandro Giuli, cerniera temporale tra due epoche politiche, forse non era mai accaduto alla Mostra del Cinema un avvicendamento in corso.
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