Antonio Scurati smontato dal regista di "M.": "Non demonizzare il fascismo"
E se questo M. fosse davvero esaltante, un antieroe del male che disturba, annienta, terrorizza, seduce ed esalta? Non va infatti dimenticato che un conto è la storia, un altro ogni possibile interpretazione narrativa, in poche parole la trasformazione in fiction. I personaggi più riusciti esprimono sempre molteplicità, contraddizioni, sono polisemici e mai unilaterali; non funzionano invece quelli di cui sai già la risposta, là dove si conosce il giudizio dell’autore, così prevedibili che in breve non li ricorderà nessuno. A partire dal secondo dopoguerra le rappresentazioni di Benito Mussolini al cinema sono scivolate nel manierismo della mediocrità, meglio non sottolinearne troppo il carattere per non rischiare qualche strano effetto collaterale. Rod Steiger, Mario Adorf, Bob Hoskins, Antonio Banderas, Filippo Timi (tra gli altri) hanno dato volto e corpo al Duce con recitazioni più che discrete, ma quella di Luca Marinelli è destinata certo a spostarne la lettura in un senso o nell’altro, insomma fin dalla Mostra del Cinema a Venezia e poi quando M. approderà in tv su Sky non mancheranno le polemiche.
Polemiche che poco interessano il regista Joe Wright, firma di film storici come Anna Karenina (2012) e L’ora più buia (2017) imperniato sulla figura di Winston Churchill con l’interpretazione straordinaria di Gary Oldman che gli è valsa l’Oscar. Wright ama moltissimo l’attore maschera, capace di entrare in simbiosi con il personaggio fin quasi alla metamorfosi. Dalle prime immagini di M. Il figlio del secolo si capisce che ha seguito lo stesso metodo con Marinelli.
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A “The Guardian” Wright e lo scrittore Antonio Scurati hanno svelato alcuni caratteri salienti delle otto puntate tratte dal primo tomo della fortunata trilogia. Alcune dichiarazioni sono all’unisono: «Se ci sono momenti in cui gli spettatori si lasciano travolgere dall'energia propulsiva dell'ascesa al potere del politico milanese, è esattamente ciò a cui puntavamo»: Wright ha spiegato che «demonizzare Mussolini ci assolverebbe da una responsabilità morale, ma penso che sarebbe davvero pericoloso. Quello che, al contrario, spero di ottenere con la serie è che a volte il pubblico si lasci sedurre da Mussolini e si entusiasmi per quello che fa».
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Preoccupazioni differenti rispetto a quelle dello scrittore che dopo il successo dell’opera si è quotidianamente impegnato in distinguo sull’antifascismo militante, consapevole e forse colpevole sotto sotto di aver esaltato una figura affascinante proprio nel suo flirtare con il male. Wright ha poi spiegato che il suo Mussolini sarà un mashup di Scarface, L'uomo con la macchina da presa di Tziga Vertov e la cultura rave degli anni '90 sottolineata dalla colonna sonora dei Chemical Brothers, a immergere lo spettatore nel bagno di sangue, sudore, sesso e testosterone che ha dato origine al culto del Duce. Parole di un vero cinephile, consapevole della vitalità del negativo, per nulla sfiorato dalle polemiche localiste di cui invece Scurati si è nutrito, quasi a chiedere scusa che la reinvenzione romanzesca del Duce gli sia scappata di mano. La scelta di Marinelli, e la fisicità differente non è un limite perché l’attore romano è talmente eclettico e trasformista, capace di passare in ruoli e figure molto diverse, punta dunque su una figura giovane ed apprezzata dal pubblico di coetanei.
Ha imparato l’accento romagnolo, studiato i tic, i discorsi e le ossessioni del dittatore. C’è da scommettere, si tratta solo di capire chi alzerà per primo la mano da sinistra, qualcuno andrà a sottolineare il pericolo di emulazione e di eroicizzazione nonostante la regia non risparmi l’effetto caricaturale; sarebbe comunque un ulteriore boomerang per Scurati che ha provato a inocularsi il siero antivipera a dosi di 25 aprile e Bella Ciao, ma non funziona, il suo eroe del male, reinventato da lui, è più forte, più spietato, più bastardo delle buone intenzioni. Altro escamotage interessante, tornando a parlare di cinema, Marinelli si rivolge direttamente al pubblico, sguardo fisso in macchina: «Seguitemi, mi amerete anche voi. Vi farò diventare fascisti». E strizza l’occhiolino. Lo faceva anche il Frank Underwood di House of Cards, ennesima riflessione di come il male sia connaturato al potere, un argomento che non smette mai di interessare e affascinare chi ama cinema e letteratura.