Vanzina, "lo schiaffo a Jerry Calà, cosa facemmo per risparmiare": tutti i segreti su "Sapore di mare"
«Lo sa qual è la cosa che mi fa più piacere quando mi chiedono di Sapore di mare? Constatare che non è un film solo sulla nostalgia, con Carlo abbiamo realizzato un romanzo di formazione che continua ad affascinare». Enrico, grande sceneggiatore della premiata ditta Carlo&Enrico Vanzina che ha relegato decine di pellicole intelligenti e in grado di veleggiare nel tempo, è orgoglioso nell’apprendere che il 29 agosto uscirà per Minerva Pictures una versione in 4K del film del 1983, dominatore all’epoca del box office.
Incontriamo Enrico mentre è affogato nel caldo di Roma ma entusiasta per la notizia perché è realmente affezionato a questo film in grado di cavalcare generazioni e di divertire, facendo riflettere, ancora oggi.
Enrico, ci racconta come nacque Sapore di mare?
«In minima parte per i ricordi che io e mio fratello Carlo avevamo delle nostre giovinezze al mare, in vacanze lunghe e spensierate. Ma anche perché eravamo rimasti molto attratti da un film di Dino Risi dal titolo L’ombrellone, con Enrico Maria Salerno protagonista».
L’idea come e quando si concretizzò?
«Eravamo agli inizi degli anni ’80 e l’Italia stava uscendo faticosamente da un decennio duro, cattivo e ferito per gli annidi piombo dell’omicidio Moro e per le azioni terroristiche delle Brigate Rosse. C’era bisogno di leggerezza. Pensammo alle stagioni delle vacanze al mare perché sino ai 20-25 anni sono il simbolo della magia, dopo invece soltanto di riposo e piacere di vita.
Sopravviene il disincanto e una certa voglia di vivere di rendita ma scompare proprio la magia».
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E avete scritto una sceneggiatura che narra di un gruppo di ragazzini nell’Italia estiva del 1965...
«C’era una corresponsione temporale: anche quell’Italia usciva da un periodo durissimo, il Dopoguerra. Con il boom era tornata la voglia di divertirsi. Proprio come negli anni ’80 dopo il terrore».
Lei rifugge dall’idea che Sapore di mare sia soltanto un film sulla nostalgia. Perché?
«In realtà l’atmosfera delle vacanze mie e di Carlo ci sono ma il nostro obiettivo era quello di raccontare nel film la crescita dei protagonisti, la nascita dei loro amori e le prime delusioni perché finivano. E poi analizzare il primo difficile rapporto con i genitori, gli accenni di fare la rivoluzione a papà e mamma che dicevano sempre di no. Si partiva per il mare adolescenti ingenui e si tornava un po’ più grandi».
Nel film non mancano i momenti di passaggio all’età adulta, in effetti...
«Pensi alla scena in cui Isabella Ferrari capisce che il suo fidanzato l’ha lasciata. Oppure a quel finale in cui Jerry Cala guarda pensoso e con sensi di colpa l’amore di due decenni prima mentre Cocciante canta Celeste nostalgia».
Cocciante che c’azzecca con gli anni ’60, stagioni in cui è ambientato il film?
«Era un mio amico d’infanzia e anche un compagno di scuola. Ero anche nei boy scout con lui. Quando ascoltammo Celeste nostalgia ci venne l’idea di usarlo per il film. Riccardo ha gradito molto che quel brano sua stato inserito quale chiusura romantica».
A proposito, la colonna sonora fu uno dei segreti del grande successo di Sapore di mare, vero?
«Era formata da straordinaria canzoni evergreen degli anni ’60. C’erano tutti dentro: Rita Pavone e Mina, Morandi e Edoardo Vianello. In quel 1983 il film contribuì anche a rilanciare quei brani. Ma la colonna sonora che preferisco è quella di Vacanze di Natale, il film che seguì, l’anno dopo, Sapore di mare».
I protagonisti erano gli stessi del film girato poi a Cortina: Calà, Christian De Sica, Karina Huff, il Dogui...
«Per Sapore di mare la scelta del cast fu una scommessa. Io e Carlo eravamo giovani e con una certa dose di timore, non sapevamo che futuro aspettasse quel film. Poteva essere un flop, invece tutti i personaggi furono azzeccati. A cominciare da Jerry Cala che girò l’ultima scena quasi in diretta. Sequenza romantica sul tempo passato e che mi fa ancora venire un groppino alla gola».
Vero che De Sica stava per essere tagliato dal film?
«Sì. La casa di produzione non lo voleva assolutamente. Ci chiese di scegliere un attore diverso per impersonare Felicino, il fratello di Luca impersonato da Jerry. Conoscevamo Christian sin da bambini e lo imponemmo. Ha iniziato la sua grande carriera proprio con quel film. Curiosamente, lui romano interpretava un milanese».
Siete riusciti a imporre nuovi attori, in quel film. Penso a Isabella Ferrari che ha seguito un percorso importante nel mondo del cinema. Come era Isabella a 18 anni?
«Strepitosa, gli disegnammo il personaggio di Selvaggia e ancora oggi le ragazzine si rivedono in lei, dolce e innamorata ma pronta ad aprire gli occhi quando il fidanzato la lascia».
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Il Dogui, invece, interpretò se stesso e resta un personaggio cardine di tutto il film.
«Guido Nicheli faceva l’odontotecnico e non aveva minimamente idea di fare cinema. Poi si scoprì una vis comica notevole e, in Sapore di mare, interpreta in modo sublime il cinico marito di Virna Lisi che snobba la moglie pensando soltanto alle sue Porsche».
Virna Lisi accettò di buon grado di calarsi in quella parte semicomica?
«A tal punto che, prima di girare la scena in cui schiaffeggia Cala, venne da me e da Carlo e disse: ma io non so dare schiaffi finti. E Carlo: e daglieli veri! Morale, Jerry finì i ciak con un faccione così!».
Come avete convinto Marina Suma, attrice drammatica, a fare parte di quel cast?
«Era giovane, era bella e non si formalizzò anche se veniva da un film d’essai come Le occasioni di rosa. Sapore di mare regalò popolarità a Marina».
Il film simboleggiava anche una certa Italia socialmente divisa a metà...
«C’era la famiglia ricca di Milano, con Felicino e Luca figli del grande imprenditore che aveva una villa al Forte, contrapposta a quella dei poveri caciaroni napoletani che alloggiavano in una pensione a due stelle».
Vero che Sapore di mare venne girato in economia?
«Beh, sì. Molti attori non erano al top della fama e dei guadagni. Tutte le scene ambientate a Forte dei Marmi vennero girate da Carlo a Fregene per risparmiare sulle spese di produzione».
A 41 anni di distanza cosa vorrebbe dire a quei critici che non parlarono bene del film?
«Che all’epoca incassò la bellezza di 10 miliardi lire, riempiva le sale e, a distanza di quattro decenni, è diventato un indiscusso cult per tanti ragazzi. Inoltre viene regolarmente replicato in tv e ha sempre un certo gradimento».
Oggi è impossibile girare un film come Sapore di mare?
«Siamo nel 2024, è difficile ma non impossibile. Quattro anni fa ho girato Sotto il sole di Riccione e, su Netflix, è un dei film più ricercati. Parla di amori giovanili sulla spiaggia, è a suo modo un altro romanzo di formazione».
Tornerà al cinema per rivedere questo vostro cult in 4K?
«Sì. E non potrò non pensare a Carlo che darà un’occhiata a questa versione restaurata dall’alto, da lassù. Lui lo girò in modo egregio, diede a tutta la storia una forza evocativa confermata dall’amore che riesce ancora a trasmettere e a ricevere oggi. Per questo io e Carlo siamo davvero molto orgogliosi di Sapore di mare».
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