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Eccellenze italiane, Simona Arrigoni: "A voi il meglio del Paese", il viaggio su Rai 3

Daniele Priori
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Nel mondo conoscono le meraviglie del “made in Italy” molto più di quanto noi stessi le conosciamo e le apprezziamo. È per questo motivo che Simona Arrigoni, giornalista e scrittrice capace di riflessioni e analisi sul presente e sulle necessarie prospettive, da oggi sarà al timone di un programma dal titolo inequivocabile: Eccellenze italiane, quattro puntate, in onda da oggi per quattro pomeriggi di sabato alle 16.45 su Rai 3. Un viaggio realizzato per puntare i riflettori su una ventina di straordinarie realtà nazionali, diverse per storia, settore e territorio, ma unite dal filo invisibile della genialità che ha scelto come quartier generale il Design Museum di Milano.

Eccellenze italiane, programma di Rai Approfondimento, nasce sotto la direzione di Paolo Corsini ed è prodotto da Giovanni Alibrandi «che ha avuto l’idea davvero geniale di ospitare in ogni puntata un cavaliere del lavoro» spiega a Libero la Arrigoni che oggi, nella prima puntata, andrà alla scoperta dei segreti di un’impresa di Padova che protegge molti paesi del mondo dai danni legati ai terremoti e un’azienda in Molise che ha ben mille anni di storia. Quindi in Umbria, per scoprire il tartufo e in Abruzzo, per incontrare il produttore di vino Francesco Paolo Valentini, recentemente nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mentre tra le eccellenze di altro tipo parteciperanno la campionessa di nuoto Federica Pellegrini e Francesca Bergesio, Miss Italia 2023. Beppe Convertini sarà ospite fisso e farà visitare alcuni paesaggi italiani mozzafiato.

Simona, presentando il programma ha parlato di un «made in Italy bello, ben fatto ma soprattutto unico», cosa intendeva nello specifico?
«Volevo dire quello che ripeterò spesso nelle varie puntate: chi trova un’impresa italiana, trova un tesoro. Perché in effetti racconteremo un’Italia conosciuta e apprezzata nel mondo con storie che neanche si possono immaginare. Avreste mai detto, ad esempio, che alla Mecca tutto l’impianto di amplificazione da cui diffondono le preghiere viene dall’Italia?».

 

 

L’idea della trasmissione è venuta pensando più alla bellezza e alla tipicità della tradizione italiana oppure avete avuto un approccio per così dire più pragmatico e futurista?
«C’è un lavoro autoriale enorme e sicuramente un approccio futurista. Nel senso che facciamo vedere un’Italia oggi meravigliosa che però è così come la vediamo in quanto è riuscita a stare in piedi nei momenti più difficili, fronteggiando, grazie al made in Italy tutte le crisi internazionali, il covid e quant’altro. E grazie a quella stessa qualità assoluta può guardare con speranza al futuro dei giovani che proprio attraverso il made in Italy si può sviluppare».

La politica, slogan a parte, e di conseguenza le istituzioni pubbliche sono sufficientemente attrezzate per valorizzare realmente queste eccellenze che ci fare te conoscere?
«Secondo me si può può e si deve fare ancora di più... Il made in Italy non può avere una appartenenza politica. È qualcosa che riguarda tutti noi e non ci si può dividere su qualcosa di così bello e funzionale. Da tutti gli intervistati traspare questo orgoglio italiano».

C’è, secondo lei, un’eccellenza italiana che abbiamo perduto e una che invece ancora non c’è ma vorrebbe lo diventasse prima possibile?
«Quello che stiamo perdendo più che la singola eccellenza, è la capacità di valorizzare le tante bellezze che abbiamo. In questo senso dobbiamo conservarne e portarne avanti i racconti. Poi se devo pensare a un’eccellenza che sta andando persa c’è tanto artigianato. Ricordo di aver intervistato un pensionato che faceva il falegname e andava a insegnare ai giovani come lavorare il legno con le mani. Quelle sono le eccellenze da recuperare anche raccontandole per tramandarle di generazione in generazione. Le eccellenze del futuro le possiamo invece costruire solo valorizzando al meglio il presente che sia sempre più specializzato. Il mondo sa chi siamo noi italiani. Ma noi sappiamo davvero cosa rappresentiamo per il mondo?».

 

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