Cerca
Logo
Cerca
+

Serena Bortone fa la martire in tv: l'intervista e quelle (strane) voci

Esplora:

Daniele Priori
  • a
  • a
  • a

Buon vento. Un modo come un altro per dire addio. Non poteva certamente mancare l’ultimo atto al political drama a suo modo più riuscito degli ultimi mesi in casa Rai: il perfetto martirio immaginario. Die con Serena Bortone che ha concluso con la giusta immancabile dose di pathos e suspence la sua prima (e forse unica) stagione alla guida del nuovo contenitore del weekend di RaiTre dal titolo evocativo: Chesarà... coi puntini di sospensione. «Sono stata onorata di lavorare con voi in questa nostra grande azienda di servizio pubblico. Ringrazio voi a casa telespettatrici e telespettatori che ci avete seguito e supportato e siete cresciuti puntata dopo puntata. Vi auguro buona estate e buon vento», appunto. Che ci porti, o meglio, che la porti dove non è dato sapersi. Quasi una domanda sommessa e sospirata al suo io più interiore. Chesarà...

Del resto la Bortone, oltre che giornalista Rai, addetta stampa delle prime Primarie Pd e poi conduttrice di rango del pomeriggio di RaiUno, adesso è anche scrittrice. Apprezzata peraltro. E sottolineata persino dalla concorrenza, leggi alla voce Mediaset, dove Serena, strizzando l’occhiolino in maniera nemmeno troppo velata, ha lasciato intendere alla sua intervistatrice Silvia Toffanin, conduttrice di Verissimo, che se una chiamata da Cologno arrivasse, lei piglierebbe il volo di gran corsa da quel viale Mazzini rivelatosi ingrato con lei, unica rimasta a metterci la faccia. Almeno sul terzo canale. Cercando, quasi invano, di tenere alta la bandiera di una TeleKabul, a giudizio della sinistra, morente o superstite senza identità. Ma Serena c’era. Come una martire senza la possibilità di sventolare la palma. Costretta a restare in silenzio, senza nemmeno poter fare un post sui social contro quell’azienda che prima l’ha defenestrata dal pomeriggio di RaiUno, poi l’ha messa negli sgabuzzini lasciati liberi dall’altro esiliato di lusso, Fabio Fazio.

 

DUBBI SUL FUTURO
Lei, invece, Serena, che farà? O meglio di lei, ora, Chesarà... E chi lo sa. Se lo chiedono in tanti (soprattutto i blogger che si occupano tutti i giorni di televisione, molto meno le persone comuni, più attente alla data d’inizio di Temptation Island. Ora che il martirologio settimanale è finito poi, scagliata pure l’ultima croce (quella della Decima Mas) in testa a Vannacci e destre varie (ovviamente fasciste), cosa resta da provare alla più antifascista tra gli antifascisti, Bortone?

Eppure a pensarci bene, a suo modo – visti i risultati che stava conseguendo – è stata anche abile. Almeno è riuscita nell’impresa che fino al caso Scurati pareva una missione impossibile: creare hype, chiacchiericcio, dibattito attorno alla sua trasmissione che, prima del 20 aprile (weekend della censura simulata a Scurati) guardavano forse i suoi parenti e nemmeno tutti gli amici. Una realtà testimoniata dai ripetuti picchi sotto il 3% di share, C’è da dire che Antonio Scurati, lo scrittore autore della saga di M., è stato il partner perfetto nel political drama. E il risultato, seppur non trascendentale, comunque c’è stato. Le secche di share si sono un po’ ripopolate di teste. Niente di così trascendentale ma qualcosa s’è mosso. Negli ultimi due mesi di trasmissione, infatti, Chesarà... ha tenuto botta alla media di rete, attestandosi costantemente oltre il 4% di share e superando il 5% nel pieno del caso Scurati e poi nella puntata del 2 giugno scorso, fino a chiudere con un pressoché trionfale 6,11% di media e 908mila spettatori nel gran finale di stagione.

Che poi, in definitiva, Serena Bortone, nonostante l’Auditel e il gran clamore da comizio permanente, fino ad oggi non l’ha messa in discussione proprio nessuno. Gira voce che, anzi, l’ultima intervista un po’ malandrina dell’ad uscente Roberto Sergio non sia stata neppure così gradita proprio da quella parte politica dalla quale Serena si sente perseguitata. La giornalista, infatti, ha specificato, prima dei saluti evocativi, che se non ci fossero i fascisti se ne starebbe a lavorare in silenzio. Ma se non ci fosse quella Rai che i suoi amici continuano a chiamare TeleMeloni, a farla lavorare, chi si prenderebbe la briga? Chissà se questo Serena se lo sarà chiesto davvero fino in fondo.

 

Dai blog