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Dritto e rovescio, Paolo Del Debbio: "Il mio dritto va a segno"

Daniele Priori
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Due milioni di spettatori e record stagionale per l’approfondimento di Rete 4 curato da “quel bischero” (ipse dixit) di Paolo Del Debbio. A segnare il picco per Diritto e rovescio, talk show del giovedì sera condotto dal giornalista toscano, è stata l’ospitata della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che nel bel mezzo della querelle col governatore della Campania, Vincenzo De Luca ha ottenuto la convinta solidarietà della platea televisiva e del pubblico in studio. Ma guai a parlare di claque.

«Da noi hanno sempre trovato spazio tutte le posizioni» ci tiene a precisare Del Debbio commentando con Libero il lusinghiero risultato e allargando anche un po’ l’obiettivo d’analisi: sulla politica, sul pluralismo in televisione e sulle elezioni europee ormai davvero alle porte.

 

 

 

Del Debbio, delle due l’una. È stata la premier ad attirare un così vasto pubblico sulla sua trasmissione oppure la Meloni ha scelto di venire da lei conoscendo e apprezzando il successo di Dritto e rovescio? 
«In realtà penso proprio che in questo caso abbiano influito tutte e due le cose. Che la Meloni porti bene agli ascolti è noto, però è anche vero che la trasmissione ha avuto picchi di audience quando abbiamo parlato di donne musulmane...».
Secondo lei la svolta all news delle prime serate di Rete 4, ormai avvenuta da più di qualche stagione, in generale sta dando soddisfazioni? 
«Direi di sì. È una scelta aziendale che si può considerare una scommessa vinta. I risultati sono buoni, la rete si è caratterizzata ed è ben riconoscibile».
In tutto ciò Diritto e rovescio come si colloca? 
«Beh siamo alla fine della sesta stagione. È un programma ancora giovane, decisamente preadolescente (sorride). Di strada davanti ne avrà ancora molta».

 

 


È giusto dire, per chi fa informazione, che anche lavorando in una azienda privata in qualche modo si eserciti comunque una forma di “servizio pubblico”? 
«Questo non lo so. Io faccio il mio mestiere e provo a farlo nel miglior modo possibile. Poi che cosa considerare privato o pubblico in verità neanche mi interessa francamen te...».
Piccola provocazione: ad oggi secondo lei è più pluralista l’informazione Mediaset o quella Rai... Anche alla luce dell’arri vo in azienda di nomi come Bianca Berlinguer o Myrta Merlino? 
«Da me il pluralismo c’è sempre stato. Misuro col bilancino le presenze. Su un argomento ci sono sempre il dritto e il rovescio. Poi certamente c’è stato un ampliamento dell’offerta di qualità con colleghe non da poco come quelle che ha nominato e questo sicuramente è un bene. Non è che prima del loro arrivo, però, fossimo monolitici. Io ho sempre invitato tutti con parità di presenze. Per me questa è una questione di carattere personale... Non è perché debba rispettare una legge!».
Mentre da Cologno Monzese, un osservatorio esterno e distante da viale Mazzini, cosa pensate del gran parlare che si fa di TeleMeloni. Esiste oppure no?  
«Se ora c’è TeleMeloni prima c’era TeleConte... Cose che capitano con tutti i governi. In generale sono vicende che riguardano la Rai e sono c**zi loro. A me sembra che parlino tutti. Non è che mi sia messo a guardare i numeri perché peraltro non sono nemmeno particolarmente interessato alla questione, però mi pare, le ripeto, che in Rai ci sia un dibattito, con personaggi che sono andati via perché a detta loro non gradivano... non ho neanche capito bene cosa. Alcuni se ne sono andati al Nove... Ma la televisione è così. È un mercato e uno sceglie dove andare».

 

 

 


In una recente intervista a Domenica In lei ha definito le sue figlie come «i suoi pezzi di eternità». Sappiamo che una delle sue due ragazze lavora nelle Ong per l’Africa. Vi capita in famiglia di confrontarvi su temi come immigrazione, integrazione che spesso anche lei tratta nel suo programma. 
«Certamente. Parliamo, ci confrontiamo. Peraltro non è che io sia un anti-immigrati. Ma certamente ne parliamo serenamente. Di questo come di tutti gli altri argomenti»
Vedere Marina Berlusconi nominata cavaliere del lavoro che effetto le fa? 
«È una scelta che premia una vita molto laboriosa e ricca di successi. Una vita che ha le caratteristiche proprie del cavalierato. Si tratta del riconoscimento di un ruolo che Marina Berlusconi svolge da donna nell’ambito dell’imprenditoria».
Il mese scorso, proprio con la prefazione di Marina Berlusconi, ha pubblicato il libro Nel nome della libertà che di fatto è il primo programma di Forza Italia, di trent’anni fa, al quale lei collaborò in primissima persona con le sue idee e la sua scrittura. C’erano temi presenti allora come oggi - basti pensare alla separazione delle carriere dei magistrati... - che non hanno ancora visto luce. Era troppo avanti lei o era ed è ancora troppo indietro l’Italia? 
«Non credo sia questione di chi stesse avanti o chi sia rimasto indietro. Parliamo di idee della tradizione liberale anche penalistica, giuridica che non sono come lo yogurt che ha una scadenza. Sono idee che hanno una loro permanenza. Poi, come si dice, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Però adesso mi pare che ormai siamo arrivati al mare...».
Le parole del testamento politico di Berlusconi riportate nel suo libro tratteggiano un partito realmente liberale, quasi radicale, riformatore, pannelliano. Secondo lei la Forza Italia attuale quanto somiglia a quei concetti finali di Silvio Berlusconi? 
«In Forza Italia stanno lavorando bene. E la guida di Tajani è quella di un uomo consapevole di non essere Berlusconi e non poter ripetere quella parabola ma poter ugualmente essere fedele alla sua impostazione politica. Mi sembra che Tajani stia ben interpretando questa fase di transizione».
Alle Europee secondo lei prenderà più voti Tajani o Vannacci? 
«Io credo Tajani. Però generalmente non mi fido dei sondaggi, figurarsi se mi metto a farli io...» (ride)
Passato questo turno elettorale, secondo lei, cambieranno davvero gli equilibri nel centrodestra oppure saranno semplici elezioni di mid-term?
«Io non credo che cambierà chissà cosa. Non so come intenderanno gestire nel governo quello che succederà alle Europee. Però mi pare non sia il caso di pensare che il governo traballerà per un cambiamento di equilibri. Mi pare ci sia una certa volontà di arrivare fino in fondo da parte del governo e così anche i parlamentari che non lasciano così volentieri le loro poltrone...».
Mentre a Rete4, in Mediaset, la nuova stagione tv dopo l’estate cosa porterà? Può anticiparci qualcosa? 
«Io non cambio linea. Sono trotskysta in questo senso. Quando la linea è chiara l’organizzazione è tutto, come diceva Trotsky. Quindi la linea rimane chiara, è quella. Poi se verranno delle idee per qualche rubrica nuova, magari la faremo, però insomma Dritto e rovescio è lì: tutte le ragioni, tutte le opinioni. Abbiamo anche il motto!».

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