Cinema, così Pandemia e Netflix hanno ucciso la "settima arte"
Il 2020 fu l’anno del Covid. E l’anno della morte del cinema. O se non la morte della caduta in stato comatoso. Sale forzatamente chiuse. Teatri di posa idem. Una cosa mai successa nell’ultimo secolo. Il 2024 doveva sancire l’uscita dal coma profondo. L’abitudine a tornare in sala buia stava a poco a poco tornando. E invece sulla settima arte è di nuova tenebra. I dati dei botteghini sono allarmanti. L’ultimo kolossal americano Furiosa che doveva essere il best seller della primavera estate ha toppato malamente al botteghino.
Solo 32 milioni di dollari d’incasso la prima settimana di programmazione contro i 168 di budget. Insomma una probabile catastrofe (quando un kolossal parte maluccio difficile che riprenda lena).Un bruttissimo segnale, soprattutto se consideriamo che la grande industria statunitense da anni s'è concentrata sulle megaproduzioni e sulle storie di super eroi. Ma è tutta la macchina americana che sembra inceppata. Gli introiti complessivi sono risultati del 40% inferiori a quelli del 2023. Né migliori notizie arrivano dal cinema di casa. L’anno da noi è partito col boom del film della Cortellesi. Ma per una Cortellesi che riempie le sale, quanti prodotti nostrani sono stati programmati nei primi quattro mesi del 2024 a locali vuoti? Va male, va male. Va benino (pare) solo per la produzione francese, ma quello è un cinema assistitissimo dallo stato, difficile arrivare ai veri conti. Di chi la colpa? Uno che non ha dubbi in proposito è un regista che può guardare la situazione dall’alto perché continua a fare film che riempiono le sale e magari fanno incetta di Oscar: Christopher Nolan di Oppenheimer.
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Christopher venne in Italia anni prima del Covid per presentare il suo Dunkirk e aveva le idee chiare. "Netflix sta ammazzando il cinema". Disse Netflix, ma il discorso poteva essere esteso a tutte le piattaforme, a tutte le tv a pagamento. Posto che il prodotto film era, è e sarà (nei secoli) il più consumato dalla popolazione mondiale, Netflix e c. avevano sconvolto la fruizione del prodotto, avevano troncato la consuetudine del film in sala buia. "Netflix" ribadiva Nolan "ha distrutto il prodotto medio". Ora il prodotto medio è da oltre un secolo l’asse portante del cinema. Il cinema è da sempre sostenuto dagli spettatori che non vanno tutti i giorni a vedere Ben Hur ma si satollano mensilmente, settimanalmente (e un tempo giornalmente) coi gialli americani, gli horror inglesi, le commedie francesi e (un tempo) le commedie all’italiana. Netflix e c. avevano invaso quel mercato. Prima uccidendo il dvd, poi togliendo la facoltà di scelta per lo spettatore in sala. Che ormai "non va più al cinema" ma esce di casa (se esce) solo in determinate (e sempre più scarse) occasioni. Quando Nolan accusa Netflix d’imbastardire il prodotto, di abbassare inesorabilmente la qualità, non racconta fole. I film in piattaforma tendono al mediocre, al rifacimento del rifacimento.
È un’involuzione inarrestabile? Probabilmente sì. Non la vogliono arrestare gli spettatori di una volta, che si stanno vieppiù impigrendo, sempre meno disposti a programmare le uscite (perchè ormai per il cinema bisogna programmare la serata, come da sempre è stato per il teatro). E non la vogliono arrestare nemmeno i fornitori del prodotto, i registi e gli attori che nei Netfflix hanno trovato una soluzione insperata per le rispettive carriere.
Eh, già. Il cinema, da sempre è stato un’attività “a rischio”. Il responso al botteghino era un incubo. Un flop, due flop di fila potevano uccidere le carriere (non è un caso se tanti industriali di cinema furono e sono appassionati del gioco d’azzardo). Netflix li ha liberati dall’incubo. Perchè il pericolo dell’insuccesso esiste anche lì, ma le conseguenze non sono così immediate, deleterie come nell’indomani dello spettacolo in sala. Oggi i registi possono proporre per lo streaming tutti i film che vogliono e gli attori pure. Già gli attori. Lontani i tempi in cui l’insuccesso era sempre dietro l’angolo. Ora trovano nella piattaforma occasioni un tempo insperate. Grossi nomi come Julianne Moore, Jodie Foster, Matthew McConaughey, Kate Winslet non fanno più anticamera dai produttori cinematografici. Ora si autoproducono, hanno trovato nelle miniserie tv, i veicoli giusti, la garanzie per ulteriori carriere col vento in poppa.
Insomma tutto sembra congiurare per far rimanere la settima arte in coma profondo. L’unica speranza per quelli come noi che per decenni hanno avuto il cinema come companatico (e magari sostitutivo del pane) è che un giorno sorgano per miracolo dieci, cento Christopher Nolan a riportare la gente in sala.
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