L'omicidio Matteotti al femminile: a teatro il socialista diventa donna
L’aula di Montecitorio divenuta “sorda e grigia” nei pensieri del Duce, incombe sulla sorte di Giacomo Matteotti che, a cento anni dal tragico assassinio che segnò nel modo peggiore la morte della democrazia in Italia, va addirittura oltre il genere originario e prende le fattezze di una donna. Sarà infatti l’attrice Elena Cotugno, coautrice del progetto artistico con Gianpiero Borgia, la protagonista di Giacomo (Matteotti) - Un intervento d’arte drammatica in ambito politico. Lo spettacolo andrà in scena domani, a Milano, nella sala grande del Teatro Franco Parenti. Superare il genere è il modo in cui l’attrice-autrice trova il modo, con Matteotti, di celebrare anche un epigono del coraggioso deputato socialista, quel Marco Pannella che più di chiunque altro ha saputo dare «corpo laico alle proprie idee».
La politica, in questo senso, diventa strumento di scena e l’arte, in occasione dell’importante centenario, se ne fa veicolo diretto. Rappresentando pressoché dal vero ciò che è stato. Utilizzando i verbi intonsi di Matteotti come valore universale della libertà e dello Stato di diritto che in Italia, proprio in quel passaggio storico che culminerà con le cosiddette leggi fascistissime del biennio 1925-26 , andava sfaldandosi pezzo dopo pezzo. In tal senso Matteotti, senza retorica ma con il pragmatismo e la convinzione di voler continuare a lottare, diventa il simbolo, suo malgrado poi martire e corpo mistico del valore della democrazia, unico mezzo e fine possibile di contesa in ambito politico. Qualcosa che il tempo (e proprio Pannella) insegnerà più di chiunque altro, quanto abbia avuto, ha e avrà ancora sempre molto a che fare proprio con le donne.
Così, in un crash di storie ed epoche che vuole in realtà andare in definitiva oltre le contingenze della Storia e dei protagonisti, donne e uomini che si susseguirono, il teatro riesce a celebrare i cento anni di un sacrificio autentico e tutt’altro che vano sull’altare di una libertà che da ultimo ha vinto, nel modo migliore e volutamente meno celebrativo che si potesse immaginare. Restituendo voce, parola e un corpo, addirittura trasmutato nel genere opposto al suo, a Matteotti che, non a caso, diventa quasi uno di famiglia, semplicemente Giacomo.
SOSTEGNO BIPARTISAN
In tutto ciò è ancora più bello, oggi, poter sottolineare (in barba alle censure inventate nelle ultime settimane) come proprio questo spettacolo abbia ottenuto patrocini istituzionali davvero bipartisan: dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Comune di Milano, passando perla Regione Friuli Venezia Giulia, la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati Onlus, la Fondazione Giacomo Matteotti e il Comune di Fratta Polesine dove il politico ritrovato morto il 10 giugno del 1924 era nato trentanove anni prima. «Giacomo è la sfida di un uomo solo contro un regime. Una tragedia politica e antispettacolare, che ripropone le parole di Matteotti nella loro nuda e terrificante verità» spiegano gli autori nella nota di regia di uno spettacolo, di fatto, senza una regia ulteriore rispetto a quella della Storia in sé e delle parole del protagonista, declamate da Elena Cotugno. L’esemplare pezzo di teatro moderno, nato nei fatti da documenti puramente storici, mette a confronto due degli interventi di Matteotti in Parlamento: quello del 31 Gennaio 1921, in cui il politico denunciò le connivenze tra le forze politiche borghesi e le squadracce fasciste, e quello del 30 Maggio 1924, l’ultima seduta a cui Matteotti partecipò prima di essere assassinato, in cui contesta i risultati delle elezioni dell’aprile di quello stesso anno. Si tratta di parole che, nella loro nuda e terrificante verità, impressionano per la spietata lucidità con cui il deputato socialista analizzava i fatti.
L’IMPORTANZA DELLA SCENA
Un invito a riflettere su alcuni valori quali la militanza politica, i diritti di cittadinanza, la possibilità di vivere un antifascismo ante litteram fondato sulla pratica reale, sul campo, di valori di libertà e democrazia difesi strenuamente fino alla fine. Una battaglia in cui anche il teatro, testimone metastorico e, in questo caso, transgenere, mette in luce l’importanza della scena, capace di percorrere il cammino al contrario, ritornando dai fatti agli ideali che li hanno ispirati, come nessun processo, giudiziario o storico, saprebbe o potrebbe fare meglio. Lasciando allo spettatore il diritto pieno di prendere coscienza pratica o astrarsi. Due possibilità che il teatro contemporaneo, proprio in nome della libertà sostanziale, concede allo spettatore come nessun’altra espressione artistica.
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