Eurovision, "blitz anti-israeliano durante la finalissima", l'indiscrezione
Da festa della musica e dello spettacolo a tristissimo teatrino politico. L'Eurovision song contest a Malmoe, con l'italiana Angelina Mango tra i favoriti per la vittoria questa sera nella finalissima, rischia di essere funestata ulteriormente dalle clamorose proteste dei pro-Palestina e soprattutto contro Israele. E aumentano i timori per possibili ballottaggi e attacchi mediatici alla cantante israeliana Eden Golan, che con il brano Hurricane è in testa al televoto italiano (stando alla classifica mandata in onda per errore dalla Rai giovedì sera) ma che è anche stata contestatissima da alcuni colleghi e fischiata dal pubblico in sala.
Secondo quanto riporta in questi minuti da Ynet News, infatti, la polizia svedese è stata avvertita che attivisti anti-israeliani potrebbero tentare di entrare nell'arena di Malmö, dove potrebbero compiere una "provocazione" durante l'esibizione di Eden in finale questa sera.
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Non è l'unico caso di "blitz". Uno è già avvenuto: questa mattina, un gruppo di manifestanti è arrivato presso la sede della televisione finlandese Yle a Pasila, Helsinki, per chiedere che l'emittente si ritiri dalla messa in onda dell''Eurovision Song Contest perché Israele sta partecipando alla competizione. I manifestanti sono rimasti nell'atrio della sede di Yle per alcune ore gridando alcuni slogan, ha riferito in una nota l'emittente finlandese, e se ne sono andati dopo le undici del mattino. Nel comunicato stampa i manifestanti affermano che Israele ha una vetrina per lucidare la propria immagine all'Eurovision.
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Ma sono gli stessi cantanti in gara a protestare rumorosamente per la presenza della collega Eden Golan. La greca Marina Satti ha finto di addormentarsi in conferenza stampa mentre l'israeliana parlava accanto a lei. Ancora più clamoroso il gesto dell'olandese Joost Klein, che si è coperto il volto per non farsi ritrarre accanto alla Golan. Martedì, invece, il rappresentante della Svezia si è presentato sfoggiando una kefiah palestinese al braccio. A proposito di "provocazioni".