Caterina Guzzanti, "i maschi oggi". Patriarcato? Lezione alle femministe
Una lezione sul patriarcato e alle ultrà del femminismo. Caterina Guzzanti, ultimogenita di una dinastia di attori e comici che da Corrado a Sabina ha segnato la storia della tv italiana degli ultimi 30 anni, intervistata dalla Stampa riflette sulla condizione degli uomini e delle donne nella società e regala perle di saggezza che andrebbero fatte leggere a chi vede il maschio come male assoluto.
Lo spunto è la prima regia teatrale della Guzzanti, Secondo lei, suo primo testo in prosa dopo 25 anni di brillante carriera iniziata nel mitologico Pippo Kennedy Show.
"È un enorme sollievo che gli spettatori, alla fine dello spettacolo, mi dicano che lui lo perdonano, perché io proprio non volevo fare uno spettacolo contro gli uomini. Anzi", premette la 47enne. Che a proposito del "nuovo maschio" spiega: "Pretendiamo che siano diversi. E questa è una cosa che li sconvolge e li fa vacillare, perché per secoli si sono sentiti dire: sei perfetto così, sì menami, e aspetta che ti preparo il pranzo così quando vai in ufficio a guadagnare il triplo di me, sei in forze".
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A questa visione ormai arcaica fa da contraltare una vera e propria distorsione. Oggi, sottolinea la Guzzanti, si predente che gli uomini siano "forti e rassicuranti, affidabili e sensibili, ambiziosi ma fedeli, passionali e mai volgari, lavoratori e casalinghi, leali, presenti, padri ma non mammi, giocosi e virtuosi, sempre aperti all’ascolto. In una parola, donne". Ma che succede, si chiede l'attrice e regista, "se una donna smette di essere disponibile, gentile, paziente, in ascolto, e tutte le cose che ci hanno insegnato a essere per agevolare le relazioni, o anzi proprio per renderle possibili? Succede che si auto-colpevolizzano e vengono colpevolizzate, e che restano sole, anche se sono in coppia".
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All'ombra di queste dinamiche va inserito, suggerisce la Guzzanti tra il serio e il faceto, anche il fenomeno del femminicidio: "Ci obblighiamo a stare insieme, perché a un certo punto, dopo averne provate tante, sentiamo che il destino ci ha mandato la persona giusta e allora quella persona non la molliamo anche se è un serial killer. Perché ci sentiamo incompleti, insoddisfatti, perché siamo spaventati e pensiamo che da soli non ce la facciamo".