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Oscar 2024, "Io Capitano" non era all'altezza: perché Garrone non ha vinto

Costanza Cavalli
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Come se fosse una gara di tragedie e non una competizione per meriti artistici, Io, capitano di Matteo Garrone non ha vinto l’Oscar nella categoria “Miglior film internazionale” ed è subito una macchinazione politica. Ci aveva già pensato domenica Sabrina Ferilli: «Se dovesse vincere l’Oscar La zona di interesse», ha detto in una Stories di Instagram, «so perché vincerebbe, non certo perché è un film migliore di Io, capitano. Io tifo Italia. Io tifo Garrone». Curva Sud dove già stava seduto l’attore e co-sceneggiatore del film Massimo Ceccherini: «Sappiate che Io, Capitano è il film più bello della cinquina, solo che non vincerà perché vinceranno gli ebrei. Quelli vincono sempre», è stata la dichiarazione rilasciata durante la trasmissione Da noi... a ruota libera su Rai1 condotta da Francesca Fialdini. Dopo le critiche delle Comunità ebraiche sono arrivate le scuse: «La colpa è mia che sono un imbianchino. Mi sono spiegato male, intendevo che il film degli ebrei, l’argomento, non è la prima volta che un film con quel tema vince». Eppure, scriveva Simone Weil, dietro un errore di vocabolario c’è un errore di pensiero. Ceccherini ci ha tenuto ad aggiungere: «Chi mi ha sgridato più di tutti è mia moglie», che compatiamo.

Tralasciando le proto-opinioni, Io, Capitano – l’odissea di due giovanissimi migranti che lasciano il Senegal alla volta dell’Europa – si meritava, dopo aver vinto il Leone d’argento, di essere in competizione con gli altri quattro film della categoria: Perfect Days di Wim Wenders, La società della neve del regista spagnolo Juan Antonio García Bayona, La sala professori del regista tedesco Ilker Çatak e La zona d’interesse del regista inglese Jonathan Glazer. Seydou (Seydou Sarr che ha vinto il Premio Marcello Mastroianni come miglior giovane attore alla Mostra del Cinema di Venezia dello scorso anno) e il cugino Moussa (Moustapha Fall) partono con i soldi che hanno risparmiato, sognano l’Europa e il rap. La telecamera segue il loro percorso, nel deserto del Sahara prima, nelle carceri libiche poi, fino alla barca per raggiungere le coste italiane. È costato undici milioni di euro, ha incassato 4 milioni, ottocentomila spettatori circa pur essendo quasi tutto in lingua wolof, la più parlata in Senegal. Garrone si attiene al verosimile tranne per qualche momento di lirismo: i migranti attraversano un tratto del deserto del Sahara a piedi, una donna (Beatrice Gnonko) crolla per la stanchezza, Seydou torna indietro, la aiuta, le offre dell’acqua dalla sua borraccia ma è costretto ad abbandonarla per non perdere il resto del gruppo. La donna tornerà da lui, fluttuando.

 

 

Film coraggioso, costruito per aggiudicarsi l’Oscar che non aveva ancora avuto, ma lontano dall’intensità di Gomorra e di Dogman. Soprattutto, imparagonabile a Zona d’interesse: era tra i candidati più forti per accaparrarsi la categoria Miglior film, si sarebbe meritato la Miglior regia. Steven Spielberg, senza nascondere l’autocompiacimento, l’ha giudicato «il miglior film sull’Olocausto dopo il mio», ovvero Schindler’s List. Glazer prende il meraviglioso e gelido romanzo del britannico Martin Amis (quanto ci mancano i pensatori così, che facevano la guerra ai conformisti senza sentire il bisogno di cadere dentro lo specchio, cioè l’anticonformismo) e ne porta sullo schermo l’essenza: elimina personaggi, dialoghi, dettagli che rischiano di distrarre, “adattamento per sottrazione”, ha scritto il New York Times.
Jonathan Glazer, nel ricevere la statuetta, ha dichiarato: «We stand here as men who refute their Jewishness and the Holocaust being hijacked by an occupation which has led to conflict for so many innocent people, whether the victims of October 7 in Israel or the ongoing attack in Gaza»: rifiutiamo che il nostro essere ebrei e che l’Olocausto siano strumentalizzati per giustificare un’occupazione che ha portato in guerra tante persone innocenti, siano esse le vittime del 7 ottobre in Israele o degli attacchi in corso a Gaza. Chissà se anche Glazer ha una moglie come quella di Ceccherini.

 

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