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Maurizio Zottarelli: viva la Francia che non ghigliottina Depardieu sulla piazza mediatica

di Maurizio Zottarelli mercoledì 27 dicembre 2023

4' di lettura

Dio benedica i francesi, per una volta. E, soprattutto, benedica il loro orgoglio nazionale dal quale qualche cosa noi italiani dovremmo anche imparare. In effetti, la questione riguarda una sorta di monumento nazionale d’Oltralpe: Gérard Depardieu. L’indimenticabile interprete di Cyrano de Bergerac e di Obelix negli ultimi vent’anni è stato investito da denunce a raffica di donne che lo hanno accusato a più riprese di molestie, atteggiamenti misogini se non di vere e proprie violenze. Dal 2020, l’attore è indagato per stupro ai danni dell’attrice Charlotte Arnould e, più di recente, è stato accusato dall’attrice Hélène Darras di una presunta aggressione sessuale avvenuta nel 2007. Un’opera di demolizione dell’immagine del divo che sembra aver subito una accelerazione dal 13 dicembre quando l’attrice Emmanuelle Deveber, dopo aver accusato Depardieu di violenza sessuale sul set, si è suicidata gettandosi nella Senna.

E qui arriva il colpo di scena, è proprio il caso di dire. Sessanta personalità del mondo dello spettacolo e della cultura francese hanno firmato un appello su Le Figaro in difesa del grande collega dopo che nei giorni scorsi già il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, era intervenuto parlando di «caccia all’uomo». «Detesto», aveva spiegato il capo dell’Eliseo «quando tutti se la prendono con la stessa persona dicendone peste e corna, sulla base di un servizio news, senza che abbia la possibilità di difendersi o che gli si conceda un contraddittorio».

Trai firmatari dell’appello compaiono il regista Bertrand Blier, le attrici Nathalie Baye, Carole Bouquet e Charlotte Rampling, gli attori Jacques Weber, Pierre Richard e Gérard Darmon, i cantanti Roberto Alagna, Carla Bruni, Arielle Dombasle e Jacques Dutronc. «Non vogliamo entrare in polemica e lasciamo che la Giustizia faccia il suo lavoro», si legge nel messaggio.
«Gérard Depardieu è probabilmente il più grande degli attori. L’ultimo mostro sacro del cinema. Non possiamo più restare in silenzio di fronte al linciaggio che si abbatte sudi lui, di fronte al torrente di odio che si riversa sulla sua persona a dispetto di una presunzione di innocenza di cui avrebbe beneficiato, come tutti, se non fosse stato il gigante del cinema qual è».

Qui è il punto. Nell’epoca del “MeToo”, delle condanne mediatiche preventive e senza appello, in anni in cui nel mondo britannico si fa strame del diritto e intere carriere vengono annientate spesso sulla scorta di fatti vecchi di decenni e di prove altrettanto decrepite, ecco che nella patria della ghigliottina si alza un avvocato a difesa del diritto e del sacrosanto principio della presunzione di innocenza. E soprattutto punta il dito contro una cultura dell’invidia e dell’odio che sembra ossessivamente impegnata a creare e distruggere miti su misura e si accanisce con più ferocia su chi, nella giostra del business, eccelle per talento. Nessun giudice ha ancora condannato Depardieu e non può essere giustiziato mediaticamente proprio in virtù della sua grandezza.

C’è poi una piccola lezione di orgoglio nazionale che ci arriva dal messaggio dei sessanta artisti francesi e di cui, forse, dovremmo fare tesoro: «Quando attacchiamo Gérard Depardieu in questo modo, è l’arte che attacchiamo. Attraverso il suo genio di attore, Gérard Depardieu contribuisce all’influenza artistica del nostro Paese», si legge nel messaggio affidato a Le Figaro. «Desideriamo ricordare tutto il bene che quest’uomo ci ha fatto, durante tutta la sua vita. Sia a noi artisti, che a tanti spettatori... Lo diciamo dal profondo del cuore, non possiamo e non vogliamo fare a meno di lui». Ma soprattutto, la chiusura dell’appello contiene una verità che la nostra società, laica ed emancipata, pare aver smarrito: la giustizia dei tribunali non è la giustizia di Dio. «Qualunque cosa accada, nessuno potrà mai cancellare la traccia indelebile della sua opera che segna per sempre la nostra epoca. 

Il resto, tutto il resto, riguarda la giustizia, solo ed esclusivamente la giustizia». Un uomo può sbagliare e lo si può condannare dopo un regolare processo. Ma questo non cancella la sua opera, la sua grandezza di uomo e, giova ricordarlo, nemmeno la sua umanità. Questione non marginale in tempi di processi ontologici “all’essere maschio”, di una “cancel culture” pronta a impiccare anche la storia per crimini giudicati al cospetto della suprema corte della morale odierna. Nel caso di un attore si cela, forse, un problema più grande che coinvolge tutti noi e la nostra società come nella vicenda, sempre francese, dell’oscuro soldato Dreyfus si svelò un problema di antisemitismo che da lì a qualche anno avrebbe travolto il mondo intero. Sta a vedere che anche questa volta, come in altre svolte della storia, nostro malgrado, ci toccherà ringraziare i francesi.

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