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Chiara Ferragni, la campagna fu l'ultima gestita da Alberto Balocco

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Attilio Barbieri
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Una maledizione perseguita la Balocco. Negli ultimi anni l’azienda di Fossano, una delle sette sorelle in provincia di Cuneo che nel passato dominavano il territorio, ha dovuto incassare colpi terribili. Nel 2022, è morto Alberto Balocco, presidente e amministratore delegato dell’azienda piemontese. Era in montagna con un amico di vecchia data con cui condivideva la passione per le scalate in bici. Mentre affrontavano con mountain bike elettriche la pista dell’Assietta, fra i monti dell’Alta Val Chisone, in provincia di Torino, i due sono stati colpiti da un fulmine.

Inutili i tentativi di rianimarli compiuti dall’equipe medica arrivata nella zona impervia con l’elisoccorso. Alberto aveva 56 anni compiuti da poco e rappresentava la terza generazione degli imprenditori cuneesi che in quasi un secolo di attività sono riusciti a conquistarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama italiano dell’industria dolciaria. Fra l’altro nell’estate maledetta dell’anno scorso, il 2 luglio, pochi giorni prima della tragica fine di Alberto, era scomparso all’età di 91 anni il papà Aldo. I due lavoravano fianco a fianco in azienda fin dagli annui Novanta. Alberto era entrato da poco in linea quando, nel 1994, era morto il nonno Francesco Antonio, capostipite della dinastia dolciaria cuneese e iniziatore dell’attività pasticcera nel lontano 1927.

E proprio al manager scomparso prematuramente si deve la svolta che ha trasformato la Balocco in un’azienda moderna. Laurea in economia e master alla Bocconi, Alberto ha svecchiato le linee di produzione. A lui si deve un’intuizione geniale, capace di affrancare la Balocco e sospingerla fra i big del panorama dolciario made in Italy: il famoso Mandorlato, un panettone che diventerà ambasciatore in tutto il mondo dell’azienda di Fossano. «Da pasticceria a industria»: così descriveva lui stesso il salto compiuto dall’azienda di famiglia a partire dagli anni Novanta in poi. Negli ultimi dieci anni prima di morire aveva dedicato 80 milioni di euro agli investimenti tecnologici.

La grana dei panettoni griffati Chiara Ferragni, finita sotto la lente dell’Antitrust che ha comminato 400mila euro di multa all’azienda piemontese e 1,2 milioni alla nota influencer, risale alla campagna natalizia 2021, l’ultima gestita da Alberto, destinata a chiudere un anno poco brillante, terminato con un fatturato di 153 milioni e un utile di 6,6 milioni, contro i 7,4 dell’anno precedente su cui si erano avvertiti gli effetti devastanti della pandemia. Difficile dire fino a che punto abbia influito il parziale flop della campagna basata sul panettone griffato Ferragni. Secondo le email interne finite fra le carte dell’inchiesta dell’Autorità guidata da Roberto Rustichelli «le vendite» servivano giusto «per pagare il cachet esorbitante» della influencer, quantificato nei documenti acquisiti nel corso dell’indagine in oltre un milione di euro. Su 362.577 panettoni firmati Ferragni ne è rimasto invenduto il 20%. Forse per il prezzo: 9,37 euro, contro i 3,68 euro del Balocco tradizionale, salito quest’anno a 5,59 euro, complice il forte rincaro di energia e materie prime.

 

 

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