Alfonso Signorini su Maria Callas: "Mi innamorai, avrei mollato tutto per lei"
«La gioia più grande sarebbe vedere questo mio libro nelle mani dei ragazzi. Per loro, che si preparano ad affrontare la vita, leggere e conoscere la Callas può servire a capire come si può vivere pienamente e arrivare alla fine della vita senza rimpianti». Chi parla è Alfonso Signorini. Non credo abbia bisogno di grandi presentazioni. E' uno dei volti di punta di Mediaset e oggi è impegnato nella conduzione del “Grande Fratello”, con straordinari ascolti. Ma Signorini non è solo televisione. E' un appassionato di teatro, e di teatro parla con enorme competenza e amore. La sua passione più grande è l’opera classica. E ama follemente Maria Callas, la grande cantante lirica nata negli Stati Uniti ma di origine greca. Per il centenario dalla sua nascita le ha dedicato un libro, intitolato “Troppo fiera, troppo fragile”.
Alfonso, perché hai deciso di scrivere un libro su Maria Callas?
«La Callas è una grande passione, che mi accompagna fin dall’infanzia. I miei nonni paterni si erano conosciuti in un sanatorio sulle montagne di Trento, dove si andava allora quando ci si ammalava di tubercolosi. Si promisero che, se fossero usciti vivi da quel sanatorio, mio nonno, da vecchio melomane, avrebbe portato mia nonna alla Scala, e le avrebbe chiesto di sposarla».
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Mantenne la promessa?
«Certo, il nonno la portò alla Scala a sentire una Traviata con la Toti Dal Monte e le chiese di sposarla. Il nome della Callas però riecheggiava sempre. La andavano ad ascoltare, nel loggione, perché non avevano molti soldi per i palchi. Ed io sono cresciuto con questo nome fin da quando ero bambino e andavo dai nonni a mangiare o fare le vacanze».
Una passione che ti ha portato a studiare al conservatorio.
«Sì. E quando studiavo al conservatorio mi sono sempre di più avvicinato alla Callas. Mi sono innamorato della sua voce senza sapere niente della sua vita».
È nata quindi la curiosità di volerne sapere di più di lei, al punto da scriverne un libro...
«Tutto per uno strano gioco del destino, perché il destino con la Callas gioca sempre: mi sono trovato per le mani quell’immenso materiale che ha lasciato.
Lei probabilmente voleva fare una sua autobiografia verso la fine della vita e si segnava gli appunti sul calendario, sull’ agenda, addirittura sugli scontrini fiscali, per fissare tutti i suoi memorabilia. Un materiale immenso che mi ha portato a scrivere questo libro».
Ritieni che la Callas sia stata veramente la più grande voce di tutti i tempi?
«Questo non te lo saprei dire. Onestamente la Callas non aveva una gran voce. Quando Toscanini nella sua casa di via Durini a Milano la convocò per fare il provino per il “Macbeth”, le disse che aveva una voce da «gatta selvatica». In effetti non aveva una voce pulita, apollinea come molte altre sue colleghe, ma aveva una voce che arrivava dall’anima».
Credi sia questo che l’ha resa unica?
«Quando tu ascolti la Callas automaticamente vieni trasportato nella dimensione della tragedia greca. Era una voce profonda, quasi un archetipo umano, e questo la rendeva unica anche per le sue capacità interpretative. Lei aveva una capacità indiscutibile di plasmare la sua voce in base ai personaggi che portava in scena».
Ci fai degli esempi?
«Doveva cantare La Sonnambula con la regia di Luchino Visconti, e Maria diceva sempre che Bellini voleva Mina, la protagonista, sottile come un pastello napoletano, evanescente. Quindi la Callas, che invece aveva una voce potente, studiava, studiava, finché riusciva a portare in scena una Mina con voce quasi sussurrata. Se sentite la Butterfly della Callas, inizia come fosse una bambina di quindici anni, per finire con una voce drammatica e potentissima. Questa era la sua immensa grandezza e magia».
“Troppo fiera, troppo fagile”. Così hai titolato il tuo libro...
«Questa è una sua definizione. Lei lo ha scritto in uno dei suoi appunti: «Io sono nata troppo sensibile, troppo fiera ma troppo fragile». In questo ossimoro ci sta tutta la sua complessità di donna e di artista».
Quale era secondo te la sua più grande fragilità?
«Era quella di lasciarsi inerme nei confronti delle passioni. La Callas ha trascorso metà della sua vita a costruire il suo mito però poi ha rifiutato tutto questo apogeo delle sue ambizioni per amore, innamorandosi sempre dell’uomo sbagliato».
La storia che ebbe con Onassis fu una banale storia di un miliardario con una grande artista o fu qualcosa di più?
«Onassis era un marinaio, un mozzo, figlio della Grecia più povera, veniva dal Pireo, divorato dall’ambizione. Un mozzo che lustrava gli ottoni delle barche importanti e fin da ragazzo fece di tutto per sposarsi la figlia del più importante armatore dei tempi: Tina Livanou».
Una volta raggiunta la ricchezza, Onassis decise di mettersi insieme a Maria Callas, la donna più famosa del mondo a quei tempi...
«Neppure con la Callas fu sufficientemente appagato. Gli mancava il debutto nell’alta società di New York dove veniva considerato un provinciale. La Callas gli servì per essere inserito in quel mondo, essendo la regina del Metropolitan. Ma ma quando la Callas presentò ad Onassis Jacqueline Kennedy, lui mollò Maria perché in quel momento Jeckie era la first lady d’America e gli avrebbe aperto tutti i mercati finanziari».
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La Callas soffrì molto per l’abbandono di Onassis?
«Soffrì perché aveva capito che Onassis aveva puntato alla scalata sociale con Jackie. Lui tornò ad innamorarsi perdutamente della Callas quando si accorse che la Kennedy non era uno stinco di santa, ma a quel punto Maria non ne volle più sapere. Ormai era una donna inaridita anche dopo il dolore per la perdita del figlio».
Un episodio drammatico che segnò la sua vita.
«Maria perse il figlio avuto con Onasiss a soli tre mesi, e fu costretta a seppellirlo sotto falso nome in un cimitero alle porte di Milano per evitare gli scandali. Questa fu la pagina più dolorosa per lei e da lì non ne uscì più viva. Tutto ciò che fece dopo fu una vendetta nei confronti di Onassis».
La parte sentimentale più misteriosa della sua vita fu l’amore per Pasolini?
«La Callas era attratta dal mondo omosessuale e aveva la sindrome della crocerossina, dell’«io ti salverò». Era un fascino intellettuale che la investiva, perché quando Pasolini le dedicava i disegni, le poesie, lei ci credeva».
La Callas, che è una delle donne più amate, adorate e invidiate del’900, fu mai felice?
«Non credo che sia mai stata davvero felice, d’altronde basta ascoltarla».
Credi che gli artisti debbano pagare con l’angoscia e l’infelicità il loro genio?
«E' la condanna dell’artista vero. L’artista non è mai felice e paga questo scotto con l’arte che sa esprimere arrivando addirittura ad odiarla».
Anche alla Callas accadde questo?
«Verso la fine della sua vita la Callas si sentiva perseguitata da questa Callas che non la mollava mai. Sia per la strada che quando accendeva la radio, la televisione o negli sguardi curiosi della gente era perseguitata dal suo mito. Lo ha patito profondamente».
Credi che la Callas sia stata una donna incompresa?
«Irrisolta».
La Callas si occupò mai di politica?
«No, non ne fu mai affascinata. Il mondo dei salotti la attraeva, però si limitava al pettegolezzo che adorava. L’inciucio politico non le interessò mai. Fu ospitata a cena con l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone e lei la descrisse come la cena più noiosa della sua vita».
Si dice che la Callas non volesse incontrare Pasolini perché lo considerava rozzo e comunista.
«La Callas non amava gli intellettuali di sinistra però si lasciò irretire dalla loro cultura. Nutriva un pregiudizio verso di loro nonostante fosse lei stessa una provinciale, una donna di scarse letture, definita da Rossellini come la persona più noiosa di questo mondo».
Noiosa la Callas?
«Perlomeno così la definì Rossellini. Disse che parlava soltanto di mestruazioni e di sciocchezze perché non aveva studiato. Non era certo una donna di cultura, la Callas. Era una sempliciotta».
Era bella la Callas?
«Era bellissima nella sua imperfezione».
Riassumi: che donna era Maria Callas?
«La Callas non è una donna, è una Dea. Io sono letteralmente pazzo di lei. Menomale che non sono vissuto ai suoi tempi perché senno avrei lasciato ogni mia ambizione, ogni mio interesse per seguirla nel mondo. Io avrei lasciato tutto per lei».
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