Jerry Calà, la confessione: "Non sono più un comico libero"
Lo chiamano cinepanettone, invece Vacanze di Natale è diventato negli anni una commedia-cult, idolatrata da una legione di fans sul web e rimpianta da chi viveva quegli anni ’80 da bere in modo diverso, libero da preconcetti e restrizioni culturali. Amatissimo anche dai ragazzini 3.0 che ne conoscono a memoria le battute e gli sketch, verrà celebrato dal 15 al 17 dicembre in quella Cortina d’Ampezzo che ne fu la perfetta location.
All’ombra delle Tofane ci sarà una festa per i 40 annidi questo film che fu in grado di incassare, tra il 1983 e il 1984, la cifra record di otto-nove miliardi delle vecchie lire. Diretta dal compianto Carlo Vanzina e sceneggiata da suo fratello Enrico che all’Hotel de la Poste riceverà il Premio Nations Award, questa pellicola senza tempo aveva tra i protagonisti Jerry Calà, presto nelle sale con il nuovo film Chi ha rapito Jerry Calà. Era Billo, scatenato al piano-bar e in camera da letto.
Jerry, Vacanze di Natale ha 40 anni ma spopola sui social e ha qualcosa come 75 fanclub che lo venerano. Come se lo spiega?
«Perché era il naturale seguito di Sapore di mare, ovvero la versione invernale di quel film estivo che aveva avuto un successo pazzesco e che rischiai di saltare per problemi contrattuali. Poi, sistemato tutto, girai quella bella commedia balneare con le canzoni degli anni ’60. Carlo ed Enrico Vanzina erano incredibili all’epoca, non sbagliavano sceneggiature, così andammo a Cortina per raccontare le vacanze sulla neve».
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In quei film hanno raccontato l’Italia, le nevrosi, i vizi ma anche la leggerezza dell'epoca. La critica non vi capì subito, vero?
«Quei film sono stati premiati dal pubblico, ma i cosiddetti soloni del cinema li snobbavano per partito preso, sbagliando: nel 2013 Vacanze di Natale venne celebrato al Festival di Venezia. Si accorsero tardi che in quei film c'era la vera Italia di allora».
Peggiore o migliore dell’attuale?
«Peggiore no. Io ci stavo bene in quelle atmosfere dove i rapporti erano più diretti, senza i social che ti chiudono la mente e i ragazzi non riescono neppure a fare bene il filo a una ragazza».
A proposito, all’epoca non si parlava tanto di rapporti violenti uomo-donna, argomento dolorasamente molto attuale: cosa ne pensa?
«Ero giovane, eravamo giovani e i rapporti tra maschietti e femminucce erano vissuti senza troppe ansie. I contatti erano belli, genuini e diretti soprattutto a una cosa, ha capito quale...
Nelle persone si avvertivano molto raramente quelle paure che, ogni giorno, i drammatici fatti di cronaca testimoniano».
Prima non mi ha risposto: perché Vacanze di Natale è diventato un film cult?
«È stato il film del neorealismo anni ’80. Ha rappresentato un’epoca con la bellezza ma anche gli spigoli di stagioni che erano sì spensierate ma che i Vanzina hanno raccontato evidenziando vizi e miserie di certi personaggi».
Ad esempio?
«Hanno stigmatizzato l’italiano che si doveva far vedere a Cortina e voleva esibire stupidamente la propria ricchezza: la villa, la bella automobile, la cafoneria alla massima potenza. Ma hanno raccontato anche chi non aveva una lira in tasca e voleva fare lo stesso una vacanza sulle Dolomiti per mistificare quello che non era».
C’è una spruzzata di cinismo in film come Vacanze di Natale?
«Beh, sì. Pensate alla frase-tormentone ma veritiera di Riccardo Garrone quando dice “E anche questo Natale ce lo semo levato dalle palle”. Raffinatezza e sentimento, zero spaccato!».
Quando ripensa a quel set, cosa rimpiange?
«Guido Nicheli, l’indimenticabile Dogui e la sua battuta davanti alle Tofane quando la Sandrelli vorrebbe distrarlo dagli amici: “Ma la libidine è qui, amore: sole, whiskey e sei in pole position!”».
Il Dogui è stato il caratterista principe di quei film. Attore per caso, tra l’altro.
«Era unico, l’ho voluto in un mio film, Vita smeralda, ed è stato l’ultimo che ha girato. Meritava molta più considerazione. Gli volevo bene».
Cortina si è rivelata la dimensione giusta per le location di quelle avventure dove tu e Christian De Sica eravate mattatori. Come fu scelta?
«Carlo ed Enrico si ispirarono a Vacanze d’inverno, un film del 1959 di Camillo Mastrocinque con Alberto Sordi e Vittorio De Sica. Pure quello girato nella Cortina post Olimpiadi del 1956. L’idea vincente fu quella di attualizzarla agli anni ’80, quelli da bere».
Tuttora lei viene ricordato come Billo, lo squattrinato re del pianobar che conquista le clienti dell’hotel Posta al grido di Non sono bello ma piaccio...
«Quel personaggio mi è rimasto appiccicato addosso e ancora oggi, quando porto in scena i miei spettacoli, non mi lasciano andar via se non canto Maracaibo, il cavallo di battaglia del mio Billo in Vacanze di natale».
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Che, in realtà, era il Jerry Calà trentenne?
«Sì, Billo ero io all’epoca. Farfallone, amante del bel vivere, ma anche della musica. Tuttora nei miei show canto e lo farò per le celebrazioni a Cortina, il 15 dicembre. Nessun personaggio mi ha rappresentato meglio di Billo, con montone chiaro, rayban a specchio e Mini Innocenti».
Vacanze di Natale è stato il cinepanettone più bello di tutti?
«Cinepanettone è riduttivo. È stata una grande commedia che ha permesso ai Vanzina di fare la satira feroce del tempo. Carlo e Enrico hanno impresso una svolta a quel genere cinematografico che, dopo i successi di Monicelli, Sordi, Risi, latitava un po’. Lo attualizzarono a un’Italia che stava cambiando».
In quei film voi comici eravate più liberi, vero?
«Assolutamente. Andavamo tutti a briglie sciolte, come ha detto lei più liberi di esprimerci. Non certo condizionati come oggi dal pensiero politicamente corretto che si attacca alle parole, non si può più dire questo e non si può dire quello. Ma basta».
Certe battute, ripetute oggi, sarebbero vietate?
«Pensate soltanto alla parola fr*** che dico in un paio di film dell’epoca. Oggi andrei nei guai, mi ficcherebbero nelle patrie galere e verrei additato come un mascalzone. Forse non lavorerei più».
Il suo è un inno alla liberalizzazione della comicità leggera?
«Esatto. Lancio un anatema: lasciate i comici liberi di dire e fare tutto quello che facevano allora. Siamo tornati a una sorta di inspiegabile censura».
Vacanze di Natale è stato il suo film del cuore?
«Sul set avevamo tutti 30 anni, quindi molto scatenati. La mattina non sapevano mai dove venirci a prendere per tornare a girare. Dopo una notte diciamo... vivace assai, rimasi addormentato sotto il tavolo di una baita. Al mattino il produttore Aurelio de Laurentiis venne a riprendermi per un orecchio. Però il film venne davvero bene, eh, se 40 anni dopo Cortina torniamo a Cortina per celebrarlo. No?».