Anna Tatangelo, il segreto di Gerry Scotti: "La sua caratteristica vincente"
Giovedì 16 novembre in prima serata su Canale 5 torna, a dieci anni dalla precedente edizione, Io Canto Generation. Si tratta della versione rinnovata dello storico talent che avrà come conduttore ancora Gerry Scotti. Tra i capisquadra a guidare i ventiquattro protagonisti in gara, bambine e bambini tra i 10 e i 15 anni di età, ci sarà l’ex “ragazza di periferia” della musica italiana, Anna Tatangelo che proprio a 15 anni per la prima volta salì sul palco dell’Ariston, sorprendendo e vincendo Sanremo Giovani col brano Doppiamente fragili. La prima di una serie di canzoni attraverso le quali ha raccontato la sua vita «rimasta sempre sotto i riflettori più per le vicende private», ammette la stessa Tatangelo. Un passaggio che oggi ha superato: «Ho capito che la cosa principale è stare bene con me stessa». La nuova via maestra che Anna ci spiega a pochi giorni dall’inizio di una sua nuova avventura televisiva che segue di poco tempo la conduzione in estate di Scene da un matrimonio.
Possiamo dire ormai che la tv è ufficialmente il suo secondo amore insieme alla musica. Ci sta prendendo gusto?
«La tv mi affascina molto. In questi anni ho avuto la grande possibilità di potermela vivere e giocarmela. Scene da un matrimonio doveva essere una sola edizione e siamo arrivati alla terza. A Io Canto mi sento un po’ più a casa mia perché comunque si parla di musica. E sono felicissima di essere in questa trasmissione nella quale, nel corso degli anni, sono stata più volte ospite. Tornare come caposquadra, ritrovare quella ingenuità di ragazzi adolescenti, mi fa un po’ rivivere quello che ho vissuto quando sono uscita io a Sanremo Giovani. Fa tutto parte del bagaglio della crescita».
I quindicenni di oggi della Generazione Z sono più o meno “doppiamente fragili” della quindicenne Anna Tatangelo di 21 anni fa sul palco dell’Ariston?
«Sono doppiamente fragili tanto quanto noi quindicenni di allora. Oggi si cresce più velocemente, male esperienze dell’adolescenza debbono comunque farle. Si tratta di un’età delicata in cui non si è né carne né pesce. Da una parte ora hanno la possibilità di stare più a contatto immediato col giudizio degli altri attraverso i social. Un’arma a doppio taglio che quando ho iniziato io non c’era. Io finivo di cantare e tornavo a Sora, curiosa di conoscere il giudizio delle persone. Per loro oggi è tutto più immediato e amplificato, indubbiamente, pur vivendo le stesse problematiche degli adolescenti di sempre che non si possono fuggire».
Una generazione che peraltro lei stessa conosce bene perché, oltre al rimando alla sua età di allora, i concorrenti di Io Canto hanno l’età di suo figlio Andrea. Lei è più caposquadra anche con lui o prevale lo spirito della mamma chioccia?
«Tutte e due perché, anche se ho 36 anni e un figlio di 13 anni, sono anch’io ancora giovane! C’è quindi una parte di me che si sente sorella maggiore, ma al tempo stesso vivo appieno la figura della mamma con la sua autorità che è quella di educare e insegnare le regole che Andrea ha come tutti i ragazzi».
Quanto vede nei giovanissimi di oggi quella “ragazza di periferia” che lei hai interpretato ancora sul palco di Sanremo nel 2005?
«Tantissimo. Perché anche in loro come in me allora c’è la voglia di realizzare il loro sogno di diventare cantanti. Quella che si ritrova in loro è l’autenticità che è proprio parte integrante della loro età».
Sanremo, un palco che, appunto, lei ha calcato già otto volte. Sta pensando già alla nona?
«In concomitanza con Io Canto sono in sala di registrazione e sto dando tutta me stessa perché da due anni non esco con un disco. Quello dell’Ariston è un palco a cui tengo tantissimo perché mi ha visto adolescente, donna e anche mamma. Ci deve essere, però, una “combo” di cose tra cui soprattutto il brano giusto per andare al Festival. Ogni volta in cui sono andata avevo qualcosa da raccontare. Prima da adolescente, poi con Ragazza di periferia, quando a diciotto anni mi sono trasferita da Sora a Roma, quindi con Bastardo in cui rivendicavo l’essere donna attraverso le parole scritte da Mogol o ancora con Il mio amico nella quale ho cantato il tema dell’omosessualità. Nel momento i cui avrò qualcosa da voler gridare o solo raccontare in maniera tanto sentita su quel palcoscenico, sicuramente lo presenterò. Considerando anche che Sanremo negli anni è cambiato molto ed è diventato sempre più ambito da tutti i tipi di artisti, mentre prima era palco per la musica italiana intesa come pop con qualche spazio per altri generi, oggi è davvero inseguito da tutti: rapper, trapper, indie e non è affatto facile essere scelti».
È stata la rivoluzione di Amadeus...
«Giusta, assolutamente. Ha fatto un aggiornamento software... (sorride, ndr)».
Sui cosiddetti “bimbi prodigio” l’opinione pubblica si è sempre un po’ divisa. Lei si è mai riconosciuta in questa categoria?
«Mi ci hanno fatto sentire le altre persone per le quali ero la ragazzina di Sanremo non perché a livello artistico mi ci sentissi io che anzi, anche oggi, sono sempre qui a mettermi in gioco per cercare di migliorarmi».
Dei ragazzi in gara a Io Canto condividerete anche racconti e percorsi di vita?
«Questo credo sarà un po’ inevitabile. Ognuno di loro avrà un’anima da raccontare che verrà fuori attraverso lo strumento della canzone. Anche semplicemente dire: mentre cantavo pensavo a cose che per fortuna ci sono nella mente di tutti. Io mentre canto mi faccio dei viaggi incredibili. Presumo che anche per loro sarà così».
Le canzoni le sceglierete adeguandole alle età oppure secondo lei a tutte le età si può cantare tutto senza rischiare di non essere credibili?
«Penso che sia molto individuale come cosa. È la forza interpretativa a permetterti di raccontare anche cose che non hai vissuto. Io sono la prova perché in Essere una donna cantavo anche l’essere madre sebbene io a 19 anni non ero ancora diventata mamma. Ma questo proprio perché credo che cantare sia un dono, capace di liberarti e farti fare cose inimmaginabili».
Cosa si aspetta dalla collaborazione con Gerry Scotti?
«La sua caratteristica vincente è l’umiltà che gli permette di trovarsi a suo agio in prima serata coi più grandi ma anche con i ragazzi. Una dote che gli permette di carpire le emozioni. Poi negli ultimi tempi lo vedo spesso commuoversi. Questa umanità è il suo valore aggiunto».
Tutti ricordano il suo duetto con Michael Bolton. Quale altra esperienza internazionale porta nel cuore e quale le piacerebbe fare in futuro?
«Le esperienze sono state tante. Da quando ero giovanissima, nel 2002, anno in cui andai a cantare per il Papa alla Giornata Mondiale dei Giovani in Canada, fino all’anno scorso che ho avuto un concerto a Brooklyn. Sentire questo affetto degli italiani all’estero e il legame che mantengono con l’Italia dà sempre grandi soddisfazioni. Quanto al futuro, lo dico, tanto sognare non costa niente. Mi piacerebbe cantare con Beyoncé e Ed Sheeran».