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Fedez, "carabinieri infami e figli di cani": il rapper può insultare

Pietro De Leo
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Esiste un Paese dove definire carabinieri e militari «infami» e «figli di cani» è una forma d’arte. Quel Paese è l’Italia. Da una parte, proprio in questi giorni il governo cerca di prendere di petto un problema generazionale grande così, ossia quellaa quota (minoritaria, sì, ma dagli effetti non certo trascurabili) di teenagers che non riconoscono alcun principio d’autorità, sfidano lo Stato e calpestano la legge. Dall’altra, poi, arriva un giudice che archivia la posizione di un idolo collettivo degli under 20, finito nei guai per via di una canzone molto offensiva verso le divise (in realtà non solo, se la prende anche con i politici). Quel cantante è Fedez, che ieri ha visto chiudersi il capitolo giudiziario relativo ad un suo testo, “Tu come li chiami”, che proprio per quel passaggio su militari e carabinieri era stato oggetto di una denuncia dall’associazione “Pro territorio Onlus”, un paio di anni fa.

Fedez era finito sotto inchiesta per vilipendio alle forze armate, lo scorso anno la Procura di Milano aveva chiesto l’archiviazione ed è notizia di ieri che il gip, Fiammetta Modica, l’ha disposta. L’ordinanza fornisce gli elementi alla base della decisione: «Il giudice condivide le considerazioni svolte dal pubblico ministero e la sussistenza della scriminante del diritto di critica artistica, esercitato pur con gli accenti aspri e discutibili dell’autore ma da ritenersi parte della sua produzione priva della finalità di vilipendere l’Istituzione Arma dei Carabinieri». Dunque, gli insulti diventano espressione artistica. Peraltro, il gip sottolinea «la circostanza che l’Arma non abbia inteso procedere nei confronti dell’indagato». L’Arma magari no, ma alcune persone che in passato hanno vestito quella divisa sì. A spiegarlo è Roberto Colasanti, il legale rappresentante dell’associazione che ha presentato la denuncia.

 



Con aplomb afferma, secondo quanto riportato dall’Adnkronos: «Prendiamo atto della pronuncia e lasciamo ad altri le considerazioni al riguardo». Poi però spiega: «Due anni fa, riscontrando in rete la presenza della canzone in argomento, potendo contare su numerosi iscritti con pregressa esperienza nell’Arma abbiamo documentato in maniera circostanziata la diffusione in rete della canzone interessando la competente autorità giudiziaria, avvalendoci del diritto riconosciuto a qualsiasi cittadino di denunciare fattispecie di reato perseguibili d’ufficio».

 



Dunque, alcuni che nella loro vita hanno prestato servizio nelle Forze dell’Ordine si sono sentiti offesi eccome, ma evidentemente per il pm prima e il gip poi questo non ha alcuna rilevanza. Ovviamente la questione non è passata inosservata sui social. Valga su tutte una battuta a commento della vicenda, scovata su “X”, dove una utente scrive: «Infami per infami, qualora Fedez si trovasse i ladri in casa, potrebbe anche chiamare i mafiosi». Al di là di una decisione giudiziaria a dir poco sorprendente, c’è un riflesso sociale che la questione porta con sé: qualunque messaggio promosso dagli influencer (specie se fanno anche i rapper, come in questo caso) è destinato a diventare virale. Se si legittimano quelli che rappresentano delle vere invocazioni alla violenza e all’illegalità ci si infila in un pericoloso effetto moltiplicatore. A rischio che qualcuno, magari poco presente a se stesso, quel messaggio possa raccoglierlo, e metterlo in pratica. 

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