"Io capitano", Garrone: "Non parlo dell'aspetto politico"
Focus su Matteo Garrone in concorso al Lido con “Io capitano”, un film che accede i riflettori su una storia infinita tra vincitori e vinti. Sullo schermo i due protagonisti emigranti che tentano di arrivare in Italia. Barconi, speranze, sogni infranti e morti: è questo il risultato? Ma non per tutti Garrone ci racconta la storia di Moussa che ora vuole studiare musica e Seydou che vuole diventare un calciatore, convinti che all'arrivo in Italia saranno accolti a braccia aperte.Ma la terra promessa non esiste, o non si vuole cercare.Però scappare dalla guerra forse è ancora possibile, anche se parlando di quei viaggi, li hanno spaventati a morte. Garrone voleva un racconto autentico ed ha fatto molti casting prima di girare dall'Africa verso l'Europa vivendo il loro punto di vista. E' comiciata così la sua avventura.
Garrone, come nasce l'idea di raccontare questo viaggio epico?
“Mi interessava parlare delle tante forme di immigrazione, come di quei giovani che fuggono per il coronameto di un sogno .E' una terra che mette in mostra una tremenda ingiustizia, epprure partono pur sapendo che potrebbero morire”.
Che effetto le ha fatto vivere questi ragazzi?
“Sono stato fedele ai loro racconti. Ne ho apprezzato la semplicità, l'ingenuità di certi passaggi. Mi ricordavano il mio film che raccontava Pinocchio, (del 2019) con cui hanno tantissime assonanze. Mi fermavo e guardavo il loro coraggio, la forza, la bontà. La voglia di scoprire l' Europa, l'accesso alla scuola e ai diritti”.
Da quanto tempo pensava di girare il film?
“Da tantissimo tempo. Oggi forse dell'immigrazione si parla meno, ma esiste e non si deve dimenticare.. Bisogna anche stare attenti, come hanno spiegato i ragazzi, al traffico di esseri umani.”.
C'è un modo per bloccare il traffico di esseri umani?
“Ciò che racconto nel film è stato vissuto. Non ci sono menzogne“
Dove ha girato?
“In Libia a Casablanca mentre lo splendido mare che si vede sullo schermo è quello di Marsala”.