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Pino Insegno, la verità: "La Meloni? Ecco perché mi odiano"

Daniele Priori
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Sono mesi che Pino Insegno è diventato la notizia del giorno. Attore, doppiatore, conduttore televisivo da quarant’anni, 450 film doppiati all’attivo, nell’ultimo anno Pino si è macchiato della “colpa” di essere amico della premier Giorgia Meloni. Prima della presentazione dei palinsesti, per mesi, è finita nel mirino l’assegnazione dei programmi in Rai che alla fine saranno: Il Mercante in Fiera, una sua creatura che torna in tv a settembre, dopo quasi vent’anni, nell’access prime time di Rai 2 e da gennaio, su Rai 1, L’eredità. Un fiorire quotidiano di polemiche che Pino non capisce e non ama ma nelle quali, ci ha raccontato, «ho dovuto imparare a galleggiare».

Ma c’è qualcos’altro a cui Insegno tiene di più. Lo capiamo quando ci mostra con emozione lo spot di Voice for purpose, la campagna per i malati di sla di cui Insegno è ideatore assieme al Campus Biomedico, l’Ospedale Niguarda, Centri Clinici NeMO, Nemo Lab, Translated, Dream On e Aisla riuniti in un consorzio globale che vuole restituire voci umane ed espressive a chi è costretto a utilizzare sintetizzatori vocali. Pino è anche il primo donatore. «Ho fatto la conferenza stampa con il ministro della Salute, Schillaci e il presidente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ma nessuno ne ha parlato...».

 

 

 

Insegno, complimenti anzitutto per questa meritoria iniziativa solidale. Così onora al meglio anche il suo ruolo di commendatore della Repubblica... 
«Lo sanno in pochi perché non mi piace vantarmi di quello che faccio. Ma quella onorificenza me l’ha conferita il presidente Napolitano. Non certo un uomo di destra. Poi nel corso della mia carriera ho incrociato 11/12 governi di ogni colore, fino a quando diventa presidente del Consiglio una persona della quale approvo alcune scelte sociali. Mi spieghi per quale motivo non dovrei appoggiarla? Mi sono sentito dire che un attore non deve schierarsi. E chi l’ha detto? Vedo ogni giorno tanti illustri colleghi parlare e dire la loro dal palco del 1 Maggio in giù...».
Resta il fatto che l’uomo del momento ora è lei. Come sta vivendo tutto questo? 
«All’inizio l’ho vissuto male non essendo abituato ai clamori esterni al mio mondo. Mi chiedevo: ma perché non mi giudicano per quello che so fare e valgo oggettivamente come artista? Perché continuano a creare polemiche ad arte, sperando che io risponda per dare verità a quelle che sono in realtà solo falsità? Sono stato in Rai dal 1983 con Gino Bramieri e l’Allegra Brigata per oltre vent’anni, poi ci sono tornato e fino allo scorso anno ho fatto Voice Anatomy. Questa è la realtà su cui gente che forse nel 1983 non era nemmeno nata, scrive bugie. Non so nuotare in questo mare di m..., però poi ho capito che devo sguazzarci un po’ per restare a galla». (Sorride)
E in cosa consiste questo sguazzare un po’ maleolente? 
«Nel lasciare che persone che altrimenti non avrebbero voce si sfoghino sui social. Anche se è un problema serio pure questo per il quale servirebbe una educazione digitale a scuola. Se una volta, infatti, un ragazzino veniva preso di mira, ridevano quelli della classe, al massimo dell’istituto, oggi lo mettono sui social e si rischia di perderlo in tutti sensi, anche fisicamente...».
Questi social non la convincono proprio... 
«I social lasciano il tempo che trovano. Io faccio sempre una battuta: Gesù aveva solo dodici follower e uno ha abbandonato il gruppo. Guardate un po’ che ha fatto! (sorride). Quindi dico: ben vengano le piattaforme sulle quali scegli i film che vuoi, mal vengano i social sui quali c’è chi, dietro falso nome, si nasconde per spargere odio e falsità».

 

 

 


Lei, anche con la Premiata Ditta, si è sempre posto con un umorismo e una comicità leggeri. Come spiega il fatto di essere divenuto, oggi, l’artista più divisivo? 
«Sono diventato divisivo per una scelta politica che poi è anche maggioritaria nel Paese. Ma io anche se su 10mila persone solo 200 la pensassero diversamente, starei ad ascoltare le ragioni e le critiche di quei 200. Tutto diventa un problema quando ti accorgi che l’attacco è gratuito e legato solo all’appartenenza a una squadra. Così tutto diventa banale e intellettualmente stupido, prevenuto, una costruzione fatta solo per attaccare».
Ma lei si riconosce nell’immagine di un artista di riferimento per la destra? 
«Io non sono Gabriele D’Annunzio, poeta vate che con la sua cultura è diventato espressione di un movimento politico. Sono Pino Insegno, amico della gente, faccio il mio lavoro da artista e, senza urlarlo ai quattro venti, cerco di fare anche qualcosa di importante in ambito sociale. Ma questo non interessa a nessuno perché davvero pochi scrivono di chi sta male veramente...».
Il suo amico Ciufoli, parlando proprio con Libero, ha spiegato come voi della Premiata Ditta siate stati degli innovatori. Oggi a questo ritorno in come si pone di fronte tv? 
«Con Roberto che è un amico fraterno, la pensiamo diversamente su molte cose. È intervenuto non per difendermi ma perché si è stancato. Lo ricorda bene anche lui quando già ai tempi della Premiata Ditta, nonostante facessimo il 35% di ascolto, ci rompevano le scatole perché non facevamo satira politica. Dico questo per farle capire che, professionalmente, nella vita abbiamo fatto tutto. Però al tempo stesso ogni nuova sfida si deve affrontare con grande umiltà, come se fosse la prima volta. Io per strada mi fermo ad ogni passo. Quando le persone mi chiedono se mi dispiace farmi una foto assieme, io rispondo che mi dispiacerà quando non me lo chiederanno più. Questo sono io. D’altra parte potevo chiedere di fare venti prime serate su RaiUno no? Invece ricomincio con uno show nell’access prime time di RaiDue».
Il suo Mercante in Fiera su cui pure hanno avuto da ridire...
«Lo rifaremo in chiave moderna. Tenendo però sempre conto che fu un fatto epocale anche quello, all’epoca. Ha venduto 15 milioni di pacchetti di figurine e più di 400mila giochi da tavola Clementoni. Puntiamo ad essere una alternativa al Tg1 e al Tg5 che potrebbe dare delle soddisfazioni oltre a tante idee nuove. Penso che questa Rai con Mellone, Ciannamea, Sergio e Rossi sia aperta a proposte innovative. Ci si deve provare. Anche perché le piattaforme fra poco supereranno la tv generalista».
A proposito, sulle piattaforme a commentare la Champions ci sarà anche l’ex idolo della sua Lazio, Miro Klose che si è detto ottimista sul cammino europeo dei biancocelesti. Lei che ne dice?
«Spero che il Dio del pallone lo ascolti. Anche se io per ora mi auguro di vedere nel nostro girone Real Madrid, PSG E Liverpool. Così almeno quelle belle partite le vedo. Non credo si possa ambire di arrivare oltre i quarti di finale. Però è anche vero che i sauditi stanno un po’ indebolendo le squadre europee portando via campioni, quindi magari ci si può provare in questa più che in altre stagioni. Chissà... Anzi, ora gliela butto lì». (sorride) Dica... «Se gli arabi sono interessati a fare televisione in italiano, io sono qui. Pronto ad accettare anche le coccole saudite!».

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