Alberto Veronesi dirige bendato: "Licenziato perché anti-comunista"
Di seguito, pubblichiamo un intervento del maestro Alberto Veronesi, dopo le polemiche nate dal suo gesto provocatorio di dirigere – nell’ambito del Festival dedicato a Giacomo Puccini di Torre del Lago (Lucca) - La Bohème con una benda sugli occhi, così da non vedere l’allestimento voluto dal regista francese Christophe Gayral, che ha ambientato l’opera nell’ambito del ’68 parigino, con tanto di pugni chiusi e Mimì in minigonna.
Il presidente del Festival Puccini, che ieri mi ha mandato una lettera di licenziamento (ufficialmente con la giustificazione ridicola che sarei arrivato in ritardo a una prova!!!!), ha gettato la maschera. Ha boicottato il concerto di inaugurazione dell’11 luglio, peraltro seguito da cinquemila persone, perché era prevista l’esecuzione dell’Inno a Roma, opera scritta da Puccini, mentre ha organizzato una Bohème dove i protagonisti fanno il pugno chiuso per tutta l’opera, questi non scritti da Puccini. E chi non si allinea, chi vuole proteggere Puccini, chi contesta le strumentalizzazioni come il sottoscritto, viene licenziato. Che cosa ne deduciamo? Che questo affezionato membro del Comitato Celebrazioni non intende celebrare Puccini, di cui probabilmente non frega nulla, ma celebrare la propria fede politica di sinistra. Ora, lo chiedo al ministero della Cultura: il finanziamento ai partiti è stato abolito, ma è giusto fare finanziamento all’arte che fa propaganda politica di partito? È giusto obbligare comparse e coristi ad alzare il pugno chiuso? Forse sì, ma allora devi organizzare anche una regia con idee opposte, perché se decidi di fare propaganda politica non puoi sottrarti alle leggi della par condicio. Il sottoscritto, che per manifestare il suo disappunto ha diretto l’opera ad occhi chiusi, come faceva Von Karajan peraltro, è stato dunque licenziato. Forse perché ha cercato di difendere Puccini e si è dissociato da una regia diversa da quella concordata? Il comunismo, sconfitto dalla storia e dalle elezioni, riemerge in forma coatta nella forma di una regia lirica. E con un presidente dittatore degno erede di Pol Pot.
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