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Nadia Rinaldi, "l'arresto mi ha segnata": com'è diventata oggi

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Daniele Priori
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La vita di Nadia Rinaldi è come un film neorealista. Tante vite in una sola. Una schiettezza e una simpatia uniche che rendono la protagonista di Faccione e Anni 90 icona di una Roma che forse non c’è davvero più. Attrice da trent’anni, Senza santi in paradiso, come ha deciso di chiamare anche lo spettacolo autografo e autobiografico, diretto da Claudio Insegno, che porterà in scena nella prossima stagione teatrale, con un’anteprima estiva il prossimo 2 agosto presso l’Arena Porto Turistico di Pescara.

Nadia, partiamo dallo spettacolo che poi è la sua vita. Senza santi in paradiso. Perché?
«Il titolo potrebbe anche continuare: e nemmeno un politico che mi ha mai raccomandata (ride). Racconto un percorso, il mio, pieno di ostacoli, anche rispetto a quello di altri colleghi. Però al tempo stesso sono lieta di poter dire che da trent’anni faccio il mestiere che sognavo da bambina, mi dà da vivere e col quale ho cresciuto due figli. Vado avanti grazie al grande affetto del pubblico. Non ho mai perso la forza».

Nella sua storia ci sono tante vite in una. Quante può dire di averne vissute?
«Tante vite. Anche grazie al mestiere che ho scelto che è l’unico a permettertelo. Io, d’altra parte, sin da piccola ho sempre sentito il bisogno di essere qualcun altro. Vivendo in quartiere periferico, i miei decisero di mandarmi in una scuola cattolica, frequentata da gente un po’ più borghese. Lì ero costretta a comportarmi, parlare e vestirmi in maniera un po’ diversa. Inconsapevolmente già recitavo».

Dov’era questo cortile di cui ci parla?
«Al Portonaccio, sulla via Tiburtina. Andavo a scuola proprio di fronte agli studi De Paolis, secondo centro di produzione cinematografica dopo Cinecittà. Quando facevo colazione al bar vedevo arrivare Mastroianni, Sordi, la Cardinale, Clint Eastwood mentre mangiavo il cappuccino con la ciambella. Ad incoraggiarmi molto sono state le suore. Finito il liceo artistico, poi ho vinto il bando di concorso per entrare nella scuola di Gigi Proietti. E lì è iniziato tutto».

Come definirebbe la vita da attrice?
«Una vita fatta di momenti d’oro e pause durante le quali si riflette molto. Si vive spesso in attesa di una telefonata e serve un carattere forte per non lasciarsi sopprimere dalla depressione che è sempre davanti alla soglia di casa di ogni attore».

Lei è stata una ragazza dalle taglie forti...
«Preferirei dalle forme morbide... (sorride)».

Ora è arrivata a pesare 66 kg. Cos’è rimasto, oggi, di quella splendida e giunonica protagonista di Faccione?
«Io devo tanto a quel personaggio Quando ho esordito ho rotto un po’ gli schemi. Il fisico mi ha aiutato. Ho riportato la normalità in scena. Importante soprattutto se vuoi andare ad affrontare la verità. Ho proposto personaggi molto vicini alla realtà e sono stata amata proprio perché la gente ci si riconosceva. Almodovar addirittura rimase affascinato dal manifesto. Mi disse che potevo essere una sua attrice. Era rimasto abbagliato da questa figura che Christian aveva costruito, di grande impatto».

Ma è vero che c’erano o ci sono ancora ragazzi che si vergognano di stare in pubblico con le ragazze in carne, anche se magari ne sono attratti?
«Oggi vedo molti ragazzi secchi secchi con ragazze più basse e cicciotte. Quanto a me, all’epoca io ero quella per dopo la mezzanotte, mi dicevano grazie alla mia carica erotica. Mentre non andavo bene per essere presentata alla mamma. Oggi è tutto molto più tranquillo, anzi ammiro le ragazze cicciottone che vedo in due pezzi. Io di pezzi me ne mettevo otto e gli unici abiti che trovavo erano i camicioni alla Standa. Oggi anche nella moda c’è più scelta per tutte le taglie. Anche se io sono diventata un po’ la messaggera di come, seguendo determinati percorsi, si possano evitare i problemi che cogli anni derivano dall’obesità».

Alla fine degli anni 90 la tragedia e l’arresto per droga. Come è potuto accadere?
«Quell’episodio mi ha massacrato la vita. È stata la mia giornata del coglione. Nella vita capita a tutti, a me è successa a 30 anni per conoscenze e incontri sbagliati. Quella sera mi sono ritrovata in una situazione nella quale non dovevo essere. Tutti poi mi hanno chiuso le porte. La difficoltà è stata tornare a parlare. Con Wikipedia che continua a tenere in primo piano l’incidente giudiziario, riportando solo quello che hanno scritto i giornali. Notizie completamente sbagliate. Ed è rimasto tutto. Mentre a me non è mai stata data la possibilità di dire la mia. Oggi l’ho digerita e questo dolore sta nel bagaglio delle mie emozioni che quando serve uso per interpretare determinati personaggi».

Si può dire quello che non uccide fortifica?
«Beh, non è stato facile parlarne coi miei figli. Ora, attraverso lo spettacolo, ne parlo con il pubblico ma prima ne ho parlato con loro che all’epoca ancora non c’erano. E dopo 25 anni è come togliermi un masso. Anche se, ripeto, non è stato molto facile».

La tv di oggi le piace?
«Non mi fa impazzire e la prendo a piccole dosi. Ho partecipato anche ai reality senza andare mai fuori dalle righe. Oggi partecipano questi influencer giovanissimi e anche un po’ strafottenti, presuntuosi. Spero per loro che trovino una passione, qualcosa che rimane oltre Instagram. È impossibile pensare a ragazzi di vent’anni che sognano di fare gli attori senza sapere chi sono stati Proietti, Gassman, Rossellini, Nino Manfredi. L’ignoranza è una cosa che non ammetto».

Da donna cosa pensa dell’ascesa in politica di figure come Meloni o Schlein?
«Sono felicissima davvero di vedere donne che arrivano finalmente al potere».

Una figura femminile che è stata ispirazione per lei?
«Monica Vitti è stata e rimane la mia musa ispiratrice».

Prossimi impegni sullo schermo?
«Sono entrata nella serie di Suburra eterna su Netflix. E al cinema il film di Mauro Graiani, Trent’anni di meno. Spero che anche i produttori abbiano finalmente preso atto di questo cambiamento di immagine. E comunque in ognuno dei personaggi che interpreto un pezzettino di Nadia c’è sempre».

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