Francesco Vecchi, la bordata: "Fanatici di cui dovete diffidare", chi liquida
Ogni mattina Francesco Vecchi informa gli italiani dal salotto di Mattino Cinque, il programma che da anni conduce con Federica Panicucci sulla rete ammiraglia di Mediaset e che ha appena chiuso i battenti per la pausa estiva, dopo 209 puntate con share da record (una media del 20,8% di share con punte del 27,4%) per una fascia oraria non facile, dove questo contenitore di Videonews ha sempre dominato. Un appuntamento tv al quale Silvio Berlusconi teneva molto, ci racconta Vecchi, convinto che «il pubblico del mattino fosse importantissimo perché è impegnato, operoso, che spesso guarda la tv mentre lavora o fa altre cose, è silenzioso, ma pragmatico, spesso difficile da raggiungere perché non è il pubblico del serale rilassato sul divano, quindi è più difficile da conquistare. Berlusconi era consapevole di tutto questo e il fatto che abbia voluto venire la prima puntata della stagione, per me che conduco è motivo di grande orgoglio e responsabilità».
In realtà Francesco Vecchi è anche un fecondo autore di saggi e romanzi (alcuni per bambini) e la sua ultima fatica letteraria, la settima, è un testo edito da Piemme che ha un titolo inequivocabile: Non dobbiamo salvare il mondo-Dall’auto elettrica al bio, tutti i falsi miti della religione green. Il giornalista lo ha presentato ieri nella suggestiva cornice del Chiostro ex convento delle Benedettine a Fano nell’ambito di Passaggi Festival, rassegna letteraria diretta da Giovanni Belfiori, che anche quest’anno ha registrato il tutto esaurito.
Nel tuo libro rassicuri: «Il pianeta non è in pericolo». Significa che non torneremo ai dinosauri e gli allarmi degli ambientalisti sono infondati?
«Significa che casomai siamo noi ad essere in pericolo, più che il pianeta. Ripetere cheil pianeta rischia per mano nostra significa commettere un errore di dimensioni bibliche».
Gli ambientalisti stanno sbagliando tutto?
«Secondo me oggi siamo tutti ambientalisti e nessuno tifa per l’estinzione del genere mano, ma è più ambientalista chi vuole mettere i pannelli fotovoltaici o chi vuole salvare un bosco di faggi? Bisogna capire quali sono le priorità».
Da dove cominciamo a capirle?
«Dagli esseri umani, cioè noi, e dal nostro bisogno di prosperare, il che significa avere delle relazioni con l’ecosistema e con i nostri simili. L’obiettivo finale dev’essere il benessere della comunità, perciò non bisogna fare esplodere una crisi climatica devastante, ma neanche scatenare crisi sociali altrettanto devastanti. Quando dicono che per salvare la terra bisogna depopolare...».
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La famosa decrescita felice?
«Per me non è accettabile. La strada della decrescita felice porta alla morte per famemolto prima di quanto non riescaa risolvere il problema climatico. Ridurre le emissioni di anidride carbonica, limitando l’attività umana, ci porta all’estinzionemolto più velocemente. E, del resto, i fan della decrescita felice sono gli stessi che hanno raccontato che la distruzione della diga di Kherson in Ucraina è stata un disastro per l’ecologia, perché ha provocato lamorìa di pesci. Peccato che non abbiano pensato alle 500 persone morte e all’emergenza sanitaria».
Siamo oltre al pacifismo ecologista? Vale a dire: la guerra è brutta prima di tutto perché inquina?
«Siamo arrivati purea questo, sono molto preoccupato. Tra un po’ diranno che i carri armati sono brutti perché sono diesel».
Il tema ambientale supera l’interesse per la vita umana?
«Non il tema quanto la “religione” ambientale, green. Il tentativo di contrapporre noi cattivi e dannosi esseri umani al povero pianetamesso a rischio serve solo a dare un indirizzo morale e religioso al problema».
Secondo te ci sono troppe fake news riguardo all’ambiente?
«Ma non è una fake news che sono morti dei pesci a Kherson: semplicemente però non si può dipingere la guerra come un disastro ambientale, perché è un disastro umano immane; se non ci interessano più le persone, allora siamo finiti».
In Italia si rischia di non costruire infrastrutture a causa dei veti degli ambientalisti. Siamo il Paese dei no?
«Siamo un Paese che non ha il coraggio culturale di dire che c’è una priorità: salvare la comunità umana. Se poi noi preferiamo non realizzare una ferrovia che tra Termoli e Lesina aspettano da vent’anni, perché su quel tracciato nidificano il fratino e la ghiandaia marina, allora paralizziamoci e non pensiamo alla comunità umana, ma agli animali».
Ma la responsabilità, a questo punto, è più politica o dell’informazione?
«Trovo che ci sia una grande responsabilità culturale e la politica in questo momento sta prendendo degli schiaffoni tali daessere tramortita, infatti non è più capace di dire: “No, signori, mi dispiace per il fratino ma qui deve passare una ferrovia”. La politica subisce l’ideologia e, ad esempio, sull’auto elettrica sta prendendo un enorme abbaglio».
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Eppure, come la famigerata direttiva sulle case green, ce lo impone l’Europa... È un tentativo per impoverirci?
«Non credo che ci vogliano più poveri, ma maggiore impoverimento delle nostre classi medie ci porterà a una minore difesa ambientale. Cioè, se impoveriscono la classe media, allora questa si disinteresserà di inquinare di più o di meno, ma penserà a sbarcare il lunario, no?».
Perché sei così critico con l’auto elettrica?
«Perché di sicuro non è questa la ricetta per inquinare di meno. Affermare che il motore elettrico è a emissione zero è una falsità».
Sei a favore del nucleare e in Parlamento si sta aprendo un fronte trasversale che va da Salvini a Calenda. Si muove qualcosa?
«Ci sarebbe un’ampiamaggioranza perlegiferarein tal senso,ma c’èanche unfronte di oppositori che terrorizza rispolverando ancora Chernobyl o il pericolo scorie. In verità non si può essere veri ambientalisti senza tifare per l’energia nucleare».
Chi sono oggi i veri ambientalisti?
«Chi per aiutare l’ambiente usa la testa e l’intelligenza, chi ha fiducia nella tecnologia e nelle scelte razionali e non smette di indagare e cercare soluzioni, non certo i catastrofisti fanatici del millenarismo verde alla moda».