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Francesco Nuti, ecco cosa ha nascosto nei suoi film: perché ora tutto torna

Giorgio Carbone
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L’attore e regista Francesco Nuti, uno dei personaggi di maggior successo nel cinema italiano degli anni '80 e '90 (ricordiamo “Casablanca Casablanca”, “Io Chiara e lo Scuro”, “Willy Signori e vengo da lontano”) è deceduto ieri a Roma all’età di 68 anni. Da molto tempo era gravemente malato. Una caduta rovinosa in casa gli aveva procurato un trauma che l’aveva quasi completamente privato delle capacità motorie e dell’uso della parola. La figlia Ginevra gli è stata accanto fino all’ultimo. 
L’ultima volta che ci eravamo sentiti la parola ce l’aveva ancora. E la voglia di scherzare e di lavorare. Doveva essere il 2004 (due anni prima che cominciasse il suo calvario). Era euforico perché dopo un lungo periodo di crisi era tornato al cinema. E in un ruolo drammatico: in “Concorso di colpa” era un ex contestatore degli Anni di Piombo che viveva sotto il tormento di un delitto commesso allora. Vedeva la cosa come un bel ritorno e con me fu simpatico. Per la prima volta. Anni prima, all’epoca del maggior successo, lo era stato meno. Ma in quel periodo si sentiva molto autore unico (regista oltreché attore), da toscano incazzoso non gradiva molto i critici che arrivavano in ritardo alle anteprime. Allora, era senz’altro tra i primi dieci in Italia. I suoi film erano destinati ai giorni di Natale, quelli degli incassi garantiti. Al top Nuti era pervenuto agli inizi degli Anni '80, nell’ondata degli anni del cabaret rivelati dalla tv in trasmissioni come “No Stop” e “Black Out”.

 

 

 


Nuti è uno dei Giancattivi, un terzetto di comici toscanissimi, gli altri sono Athina Cenci e Alessandro Benvenuti (tanto bravi e tanto sfigati).  Francesco sembra dei tre il timido e introverso, una specie di Pinocchio in cerca della Fata Turchina. Ma già dal film d’esordio “Ad Ovest di Paperino” dimostra che lui la sua fatina non è disposto ad aspettarla (e difatti la troverà presto negli anni seguenti e avranno i volti di Ornella Muti, di Giuliana De Sio, di Clarissa Burt).  Un anno dopo “Ad Ovest” Nuti trova il regista giusto in Maurizio Ponzi, un intellettuale che dopo pomposi esordi ha imboccato decisamente la strada del cinema popolare. Dopo un film di rodaggio (“Madonna che silenzio che c’è stasera”) azzarda Nuti come protagonista in un film destinato al Natale, “Io Chiara e lo Scuro”, dove il personaggio è già rifinito: un giovanotto toscano introverso e apparentemente perdente, che però si rivela vincente su tutta la linea: si porta a casa la bella (la De Sio) e batte a biliardo il campione dei campioni, lo Scuro. Dopo, la strada per qualche anno è tutta in discesa . “Casablanca casablanca”, “Tutta colpa del paradiso”, “Stregati”, “Caruso Paskoski di padre polacco” sono tutti hit al botteghino. Finché nel 1995 il primo flop “Occhio pinocchio”.

 


Un flop capita. Tanti della sua generazione di cabaret (Verdone, Troisi, Abatantuono) hanno toppato e poi sono passati al discorso successivo. Ma Nuti prende malissimo la primissima sconfitta. Dà la colpa al produttore Cecchi Gori, annuncia vari progetti e poi rinuncia. E intanto l’alcool comincia a essere il suo frequente compagno di strada. Col nuovo secolo il suo nome scomparirà dalle cronache cinematografiche per apparire in quelle di mesta vita metropolitana. Pure in quel 2004 sembrava convinto di poter risalire la china. E siccome fu sempre un bravo attore riuscì a convincere anche me.

 

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