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Chiara Ferragni, la difesa di Feltri: "In lei ho rivisto me stesso. Chi la critica..."

Vittorio Feltri
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Le donne più criticate d’Italia sono due: Giorgia Meloni e Chiara Ferragni. Entrambe, pure muovendosi in campi diametralmente opposti, hanno qualcosa in comune, un elemento che suscita incontenibile invidia: hanno costruito il proprio successo da sole, con le loro mani, sfruttando talenti, capacità, forza di volontà, determinazione, tenacia, quando nessuno avrebbe scommesso un soldo sudi loro, anche perché la tendenza a sottovalutare le signore è universale e costituisce uno dei nostri più gravi limiti.

Ad ogni modo, oggi è di Chiara Ferragni che vorrei parlarvi in quanto la notizia relativa alla clamorosa crescita delle sue società e del suo marchio, oltre che dei brand di cui ella è testimonial, crescita ascrivibile allo scorso anno, mi ha spinto a compiere alcune riflessioni su questa giovane tanto amata quanto odiata, o forse più odiata che amata. Del resto, anche l’odio che viene nutrito nei nostri confronti può divenire redditizio, perfino più dell’amore, ammesso che si sia in grado di metterlo a frutto. E si dia il caso che Ferragni abbia una vocazione naturale a trasformare in oro qualsiasi oggetto tocchi, le basta un autoscatto improvvisato per macinare centinaia di migliaia di euro.

 

L’unica cosa che possiamo fare è ammirarla per questo, dal momento che non ruba, non uccide, non froda nessuno per produrre tonnellate di denari. Invece, poiché l’Italia è un Paese provinciale e l’italiano, anche quello di città, è tendenzialmente un paesano, dalla mente chiusa e dall’occhio torvo, più attento a cosa fa il prossimo piuttosto che concentrato sui propri obiettivi (il più delle volte inesistenti), allora Chiara Ferragni viene costantemente presa di mira da donne e pure da uomini, le prime infastidite dalla circostanza che una ragazza, senza un uomo alle spalle e senza bisogno di patrocinio, abbia messo in piedi un impero; i secondi infastiditi dal fatto che una donna possa essere di gran lunga più in gamba di loro. Devo dire che le critiche sollevate nei riguardi della moglie del mio amico Fedez mi fanno ridere.

Nei giorni in cui Ferragni, lo scorso febbraio, condusse il Festival di Sanremo, in particolare in occasione del suo monologo, che era una lettera alla se stessa di ieri, ovvero alla se stessa bambina, l’imprenditrice fu passata al setaccio, o meglio al tritacarne, perché sarebbe stata ingobbita, o troppo magra, o troppo denudata, o troppo volgare, o troppo banale. Ora aveva la cellulite, ora era troppo ossuta, ora non aveva culo, ora non aveva tette. Io, personalmente, quella sera, su quel palco, ho visto una ragazza timida, con la postura tipica dei timidi, che se ne stava come ripiegata su se stessa proprio a causa di insicurezze che neppure il successo è riuscito a demolire o a cancellare.

 

Ho rivisto persino me stesso in lei. Ho provato tenerezza. Intanto Chiara, nonostante tutti i difetti che ci impegniamo a notare e a fare notare, difetti inesistenti o irrilevanti, qualsiasi cosa compia, in qualsiasi avventura si butti, qualsiasi indumento indossi, in qualsiasi posa si faccia immortalare, contribuisce a sollevare il Pil, ovvero a creare ricchezza. Sarebbe sufficiente considerare ciò per stimarla. Ma – chissà come – questo non viene rilevato, passa in ultimo piano, essendo per noi prioritario imbastire dibattiti di lana caprina riguardanti il fatto che Chiara abbia pubblicato su Instagram una foto in mutande, qualcosa che – così si dice – una madre non dovrebbe fare. 

Siamo malati di perbenismo e moralismo, che adoperiamo soltanto per travestire le nostre personali frustrazioni. Ciò che ci fa rabbia di Chiara Ferragni non è la foto delle sue chiappe, bensì che sia una donna realizzata, libera, indipendente, autonoma, felice, capace di fottersene delle critiche altrui poiché si è messa da sola nella posizione di fregarsene altamente. Ci fa rabbia che questa biondina di provincia il cui sorriso ha campeggiato a Times Square, nel cuore di New York, sia più sveglia di noi. Più che un profilo social, ella dovrebbe essere ritenuta un esempio da seguire: si è inventata un mestiere, raggiungendo un successo planetario. Davanti a questi risultati forse sarebbe opportuno smetterla di farne un caso, e una rovente polemica, ogni volta che Ferragni posta una fotografia in intimo, rimproverandole di essere una svergognata e addirittura accusandola di essere una cattiva madre, come se la capacità genitoriale si misurasse da certe sciocchezze.

Insomma, ora che le donne ci hanno dimostrato ampiamente di non avere bisogno di essere figlie di, mogli di, sorelle di, nipoti di, per rivestire ruoli apicali nel pubblico e nel privato, di essere “di potere”, e per “potere” non intendo riferirmi al peso specifico economico o alla influenza, ma all’abilità di rendersi autonomamente felici, ovvero di realizzare se stesse in totale libertà e in ogni ambito, forse è giunta l’occasione di finirla di giudicarle con tanta intransigenza e con tanto rigore.

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