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Fabio Fazio? Magliaro rivela: "Io un vero epurato. Per due volte il governo Prodi..."

Massimo Magliaro

Andrea Tempestini
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Nella stucchevole gara a chi è più epurato, c’è un epurato che si sfila dalla contesa: «Non ho mai versato una lacrima, sono le regole del gioco».
Lui è Massimo Magliaro, orgogliosamente missino - «Il Msi per chi vi ha militato è stato una scuola di vita» -, ex firma del Secolo d'Italia, entra in Rai nel 1991. Inviato per il Giornale Radio, vicedirettore del Tg1, corrispondente da Parigi e Madrid per il Tg2 e direttore di Rai International fino al 2006.
Una carriera di prestigio, che però ha fatto i conti con due intoppi.

Nei giorni del martirio inesistente di Fabio Fazio e del passo indietro di Lucia Annunziata - la «professionista delle dimissioni», così come la apostrofano maliziosi in alcune redazioni -, Magliaro racconta la sua vicenda, la doppia epurazione in Rai («e se il termine vi scandalizza cambiatelo, fate come vi pare»). Nel salottino di Giovanni Floris a DiMartedì si schiera armi e bagagli con Marco Travaglio, «ineccepibile nel raccontare quel che è avvenuto»: ovvero, Fazio & Annunziata non sono stati cacciati ma se ne sono andati. Ne rivendica la sostanziale differenza, «lo dico avendo nei confronti dell’Annunziata una stima rilevante, ma chi è stato fatto fuori due volte semmai sono io».

 

 

GIARDINAGGIO - La prima volta fu messo in soffitta nel ’96-’97, «ero vicedirettore del Tg1 con Carlo Rossella, poi con Nuccio Fava, quindi con Rodolfo Brancoli». Quest’ultimo «faceva riferimento a Romano Prodi» e «Fava alla sinistra democristiana storica». Gente che la Fiamma non la voleva proprio vedere. E così «sono stato messo in una stanza per un anno, senza alcun incarico, insieme a Luca Giurato. Innaffiavamo una pianta: potevamo fare solo quello, non c’era nulla da fare», ricorda Magliaro il tempo del giardinaggio a Viale Mazzini. 

La seconda epurazione è più lunga, dal 2006 al 2009. «Ero direttore di Rai International e poi mi hanno messo per tre anni a spasso in via Angelo Papa, una sede Rai distaccata a Roma». Questi i fatti. Ma niente pianti. «Non ho mai versato una lacrima, sono le regole del gioco. La prima epurazione me la comunicò il mio amico Marcello Sorgi: Massimo, ci conosciamo da tanti anni, ma Veltroni mi ha chiesto di mettere al tuo posto una tale persona. D’altronde ero in quota An, vengo dalla destra. Nessuno si lamentò, giusto così. Ma oggi, per favore, non facciamo via dei Martiri, perché di martiri in Rai non ce ne sono», ricorda ai Fazio, ai Gramellini e alla claque che ne narra i fantasiosi tormenti.

Infine, en passant, fa notare: «Le mie due epurazioni hanno lo stesso segno, quello prodiano». Ed eccoci a Romano Prodi, all’epoca dei due fatti premier, per Magliaro la mano che senza scandalo alcuno muoveva i fili della lottizzazione. Non ci sarebbe insomma nulla da eccepire, se non fosse che poche ore dopo la puntata di DiMartedì il caso ha riservato una curiosa sorpresa: un’intervista, proprio a Prodi, a cui La Stampa di ieri riservava il titolo di apertura in prima pagina. «In Italia involuzione autoritaria», sentenziava il Professore paventando i fittizi rischi democratici a cui ci esporrebbe il governo Meloni.

 

 

Vada sé, queste prove tecniche di dittatura comprenderebbero anche il «Teleregime», così come titolava qualche giorno fa sempre La Stampa, ovvero i rimescolamenti in Rai. «Nessuno ha ragionato su un sistema informativo che dopo decenni di duopolio si sta trasformando in un monopolio della destra», sospira Prodi.

E se ci aggiungiamo che l’esecutivo ha «la tentazione di escludere Bonaccini dalla ricostruzione in Emilia Romagna», non ci sono più dubbi: «Siamo davanti ad un governo che punta a prendersi tutto. C’è una parola semplice che riassume tutto questo: autoritarismo». Ma c’è altro. L’ex premier mostra poi il suo volte gentile: «Ho convissuto benissimo con diversi presidenti Rai, ognuno con le sue caratteristiche e i suoi caratteri (...). Ora siamo di fronte ad un cambiamento radicale. Si tratta dell’azzeramento totale e dell’innesto solo di persone di stretta fiducia. In passato, anche con governi di centrosinistra, vi era grande equilibrio nei telegiornali», assicura Prodi unendosi alla lagna progressista. Ecco, chissà cosa pensa di questa narrazione Massimo Magliaro. Quello che non versa una lacrima. Quello che solo poche ore prima raccontava la due epurazioni in Rai «sotto lo stesso segno, quello prodiano».

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