Fabio Fazio, la lezione di Chiambretti: "Quando mi hanno fatto fuori dalla Rai..."
Ormai non si fa che parlare degli addii di Fabio Fazio e Lucia Annunziata alla Rai. Il primo diretto verso Discovery, la seconda ancora non si sa. Non si parla d’altro. Così, chi meglio di un professionista del tubo catodico come Piero Chiambretti (ora volto Mediaset, ma in passato in Rai tra gli anni ’80 e l’inizio dei 2000) può dare la sua opinione in merito? Ci ha pensato La Stampa che lo ha coinvolto in una lunga intervista sul tema. Subito una battuta dello showman valdostano: “Alla mia età mi sento come Ornella Vanoni. Una donna? No, una persona serena e in pace col mondo, che riesce a guardare le cose con distacco e può dire liberamente quello che gli passa per la testa”.
Quindi, la domanda principale, cioè se con una tessera di partito in tasca si lavori meglio nella tv di Stato: "Se ce l’hai fatichi meno a lavorare, direi. Ma direi anche che se non ce l’hai, se sei un cane sciolto, hai il vantaggio che magari lavori anche quando cambiano i governi”. Chiambretti, incalzato dal giornalista, prosegue nella sua analisi: “La tv e la politica vanno a braccetto da sempre, non c’è nulla di nuovo sul fronte occidentale, anche se oggi molti scappano dando l’impressione di farne una questione di principio. Non vanno sulle montagne in Sardegna, si spostano più semplicemente dove hanno mercato per continuare a fare il proprio lavoro. La tv è da sempre una specie di Grand Hotel pieno di gente che va e gente che viene”.
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Niente vento di censura in Rai, dunque? Il conduttore dello Show dei 101 risponde così: “Io faccio tv da decenni e anche negli anni d’oro di Rai3, di cui sono stato fondatore (e me ne vanto), la lottizzazione era codificata. Rai1 alla Dc, Rai2 ai socialisti, Rai3 alla sinistra. Sono giusto cambiati i colori. Da quello che leggo, chi se n’è andato lo ha fatto per scelta. Non è stato cacciato nessuno. E nessuno è rimasto disoccupato. Mi sembra difficile parlare di censure. Io, quando fui fatto fuori dalla Rai, rimasi fermo due anni. Nessuno si indignò o scese in piazza, ma non è che mi sentissi un martire. Piuttosto, noto con dispiacere che in Italia gli ideali sono meno importanti degli interessi”. La domanda, come diceva Antonio Lubrano (per i più agèe), sorge allora spontanea su chi fu a cacciare Chiambretti dalla Rai e il conduttore risponde con schiettezza: “Non ricordo l’esecutore, il mandante si disse Berlusconi. Che poi, però, mi ha chiamato a Mediaset, dove sono in piena sintonia con Piersilvio. Lavoro lì da dodici anni, dopo averne fatti quindici in Rai. E spero di restarci, abbiamo dei progetti”.
Infine, una chicca sui suoi esordi e su un provino fatto “in mutande”: “Sì, è vero, feci un provino in mutande. Avevo capito come sarebbe finita. Volevo rompere gli schemi e suscitare una reazione. Mi trovai in una stanza con sette funzionari di altissimo profilo e dissi ‘scusate, non ho sentito la sveglia e sono dovuto uscire di casa in fretta, avevo anche il pianoforte ma è rimasto incastrato nell’ascensore’. Oggi sono una persona serena, senza conti in sospeso. A 67 anni sono un uomo libero, un privilegio a cui tanti si sottraggono. Ma la libertà di pensiero esiste. Poi, certo, bisogna trovare il pensiero”. E proprio un pensiero, anzi, il pensiero di tornare in Rai Chiambretti non lo nasconde: “L’ho sempre detto che vorrei finire la mia carriera in Rai. Da bastian contrario, nel momento in cui tutti scappano io potrei tornare”. È lo scoop? “No, era solo una battuta”.
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